La situazione è grottesca. Vittorio Feltri, durante un talk show televisivo, si è posto la domanda se sia meglio essere governati dai disonesti piuttosto che dai cretini. E, con sintesi strepitosa, ha concluso che sono meglio i primi: magari un disonesto - folgorato sulla via di Damasco - riesce a ravvedersi, un cretino resta un cretino per tutta la vita. Ora, è evidente chi siano per Feltri, tra destra e sinistra, i ladri e gli stupidi, ma è una analisi troppo manichea. Le due categorie sono ampiamente rappresentate in entrambi gli schieramenti. E anche in tutti gli altri. Sono specialità tipiche degli esseri umani alle quali noi italiani meravigliosi e inimitabili diamo sempre - come per l'arte del mandolino, della pizza e del farci gli affaracci nostri - quel qualcosa in più. L'unica parola che possieda la profondità per rappresentare il comune denominatore della nostra classe politica è quindi un'altra: inadeguatezza. Questi qui - grillini compresi, purtroppo - sono inadeguati. Insufficienti. Impreparati. Non credibili. Inutili. Ci sono di certo splendide eccezioni, ma lo spirito dei tempi batte tutt'altri sentieri: sono ancora i peggiori quelli che decidono.
Pochi giorni fa - ma sembra un secolo, dopo lo stato di grazia regalatoci da questo Papa inaspettato - si sono accavallati due eventi che la dicono lunga sulla condizione farsesca dei blocchi tradizionali: l'"assalto" dei parlamentari del Pdl al Palazzo di giustizia di Milano e l'appello degli intellettuali di sinistra ai Cinque Stelle per un'alleanza con il Pd.
Il primo, come spesso capita, visto che una certa comicità da Bagaglino fa parte del dna delle teste d'uovo del centrodestra, ha regalato momenti di vero spasso a chi abbia avuto la fortuna di gustarselo in televisione. Ma non c'è da allarmarsi. Nessuna violenza, nessuna adunata complottista, nessun vulnus alla democrazia costituzionale. Questo è un paese che non ha mai visto una rivoluzione, ma si è sempre nutrito di rivolte, di trame di palazzo e, soprattutto, di melodramma. La lunga marcia da operetta verso il tribunale sembrava una via di mezzo tra "Vogliamo i colonnelli" con Ugo Tognazzi e uno spezzone di un qualunque film dei Vanzina, che tra certi ceffi da angiporto e cert'altre ragazzotte venute fuori da una parodia di "Una donna in carriera" - anche in questo caso Lombroso è avanti tre secoli - c'è da domandarsi come sia possibile che quello che dovrebbe essere il partito liberal-conservatore di un paese occidentale possa venir rappresentato da una paccottiglia del genere. Soprattutto se si pensa che il giorno in cui Berlusconi dovesse dedicarsi ad altro non c'è neppure mezzo di questi statisti che possa neanche lontanamente pensare di avere un futuro di un qualche rilievo. Hanno ragione loro: per fortuna che Silvio c'è. Perché dietro a Silvio c'è il nulla, questa è la verità. È questo è il vero problema, altro che governissimi e sacri lavacri elettorali.
La tristezza, una sorta di spleen stropicciato e forforoso, rappresenta invece un tòpos del centrosinistra, mai così morettiano come in quella sequela di lunari appelli alle masse per costituire una santa alleanza tra Grillo e Bersani. Passano i giorni, gli anni e i decenni, cambia il mondo, i bimbi crescono, le mamme imbiancano e loro sono ancora inesorabilmente e insopportabilmente gli stessi di "Ecce Bombo": il teatro alternativo in calzamaglia, la chitarra e le gonnellone a fiori, le sedute di autocoscienza, i trotzkisti funzionari del Catasto, il benaltrismo, i vedo gente faccio cose e gli appelli - no, l'appello no! - degli intellettuali organici. Ma si può escogitare qualcosa di più ammuffito, di più snobistico, di più autoreferenziale? E invece niente. E giù firme di filosofi e cantautori impegnati nel sociale e damazze da terrazza e cervelloni e scienziati di gran pregio. Risultato? Un grande giornalista di sinistra come Giampaolo Pansa li ha definiti ridicoli e patetici. Grillo li ha presi a pernacchie. Quei pochi dei loro che si ostinano a confrontarsi con la realtà effettuale si sono fatti un'amarissima sghignazzata. Tutti gli altri sono ancora lì che sbadigliano.
Ecco. Questo sono la nostra destra e la nostra sinistra. Questo, non altro. Questo. E il dramma è che gli altri sono pure peggio. Monti fino a due mesi fa era un feroce tecnocrate trilaterale capace di seviziare un popolo per salvarlo dai disastri della ditta Silvio&Pierluigi: adesso si è ridotto a una macchietta che si aggira con un cagnolino in braccio elemosinando la poltrona del Senato. I grillini sono giovani ed entusiasti però stanno tutti lì al guinzaglio di due che questa sì che è vera democrazia, ma se non si fa come vogliamo noi vi buttiamo fuori a calci. Ingroia, mentre si aggira tra le foreste del centro America, pare si stia domandando se non sia più utile studiare la fotosintesi clorofilliana dell'albero della gomma piuttosto che giocare al manettaro in Italia, senza dimenticare quello che se la tirava tanto da thatcheriano di ferro con la laurea del Mago Zurlì...
Ma è anche colpa nostra. Non abbiamo abbastanza vigilato, non abbiamo veicolato in maniera abbastanza costruttiva la nostra rabbia, la nostra ira, la nostra indignazione. Siamo stati troppo uguali a loro. E quindi è da noi che deve partire il riscatto. Abbiamo tutti visto il Conclave di una Chiesa mai così sotto schiaffo negli ultimi anni, sfibrata da scandali, corruzione e lotte di potere. Eppure, a un certo punto, quei signori lì - Spirito santo o no - hanno avuto la forza, la coscienza, l'orgoglio, la dignità di cambiare tutto. Forse è per quello che, tra alti e bassi, la Chiesa riesce sempre a regalarci una visione, mentre i nostri Palazzi grufolano ostinati nella spazzatura. Proviamo a fare i cardinali anche noi, una volta tanto.
Diego Minonzio
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