La recessione economica tocca punte di gravità mai conosciute dal dopoguerra, la sofferenza sociale è al limite della sopportazione e la politica cosa ci offre? Un progetto organico credibile per uscire dalla crisi nessun partito s'è sentito in obbligo di presentarlo al Paese, nemmeno a campagna elettorale chiusa. Nel frattempo le urne ci hanno consegnato un Parlamento bloccato. Una legislatura apertasi nell'incertezza non è una novità, una nella confusione è già un caso più raro, ma una in un sostanziale stallo è una situazione inedita. Il Parlamento è diviso in tre parti più o meno equipollenti, a parte il quarto incomodo - la Scelta civica di Monti -che non è in grado di svolgere un ruolo determinante.
Per di più la legge elettorale, concepita originariamente per assicurare la governabilità grazie ad un sostanzioso premio al partito o alla coalizione vincente, non ha funzionato. Anzi, ha piuttosto complicato le cose, sanzionando due Camere asimmetriche: l'una con una maggioranza esorbitante, l'altra senza alcuna maggioranza.
A rendere la situazione ancor più intricata c'è poi lo stato per così dire di emergenza in cui si trova la presidenza della Repubblica, ormai in scadenza e quindi privata del potere di scioglimento del Parlamento in caso di conclamata sua incapacità ad esprimere una maggioranza. Sabato la situazione di stallo è stata fotografata fedelmente alla Camera, con il solo schieramento Pd-Sel a votare il proprio candidato, l'ex portavoce del commissariato Onu per i rifugiati Laura Boldrini.
Una qualche incertezza s'è invece registrata al Senato dove, per i diversi rapporti di forza tra i partiti, l'elezione del presidente è avvenuta solo al ballottaggio. Qui il Pd è riuscito finalmente ad aprire una qualche incrinatura nella falange grillina, che fino all'ultimo aveva confermato la propria indisponibilità a sostenere candidati di altri partiti.
Non gli è bastato, però, l'avergli offerto una figura non solo di indubbia autorevolezza ma anche di provenienza esterna al partito come l'ex magistrato Grasso per strappargli un aperto sostegno che poteva prefigurare la formazione di una maggioranza certa per il governo. Soprattutto, il Pd non è riuscito ad aprire una frana nel M5S che poteva indurlo a rivedere le proprie posizioni ostili ad un sostegno contrattato a Bersani. Né è prevedibile che conceda al segretario del Pd quello che non ha concesso ad un personaggio che aveva tutte le caratteristiche per essere presentato come «di garanzia».
Lo stallo continua ma per chi vuole essere comunque ottimista non resta che sperare o in soprassalto di fantasia - meglio, di responsabilità - dei partiti o, in ultima istanza, in un'iniziativa provvidenziale del presidente della Repubblica.
Roberto Chiarini
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