Perché gli anni passano, ma sembra che inesorabilmente su quegli ottocento passi di lago oscurato, il tempo si sia cristallizzato.
Il muraglione costruito e poi abbattuto dalla forza della città (che né prima né dopo è mai stata unita su un tema) non è un reato secondo la Procura di Como. Non costituisce nemmeno un'alterazione del paesaggio.
Per qualcuno, però, l'impossibilità di vedere il lago ha un valore in moneta sonante. E, per la prima volta dal settembre del 2009 (quando si spezzò la clessidra su un cantiere che avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello dell'ex sindaco Stefano Bruni) qualcuno ha messo nero su bianco l'ammontare dei danni subiti. L'ha fatto il Bar Al Molo (il chiosco all'angolo tra viale Geno e piazza Matteotti) che ha presentato ricorso al Tar sostenendo di aver perso gran parte della clientela e lamentando danni per circa 160mila euro. Lo sta per fare anche il ristorante "Il Gabbiano" (in viale Geno) che si prepara a seguire la stessa strada e lamenta mancati incassi pari a 64mila euro solo nel 2010.
Insomma, i conti qualcuno sta iniziando a farli e li porterà nelle aule di tribunale, che stabilirà una volta per tutte se il cantiere è o non è responsabile.
Ma in tribunale non ci finirà soltanto il cantiere, ma ci finirà anche l'attuale amministrazione, guidata dal sindaco Mario Lucini. Quello stesso Lucini che da anni contesta l'intero progetto delle paratie e che, quasi per un beffardo gioco del destino, rischia ora - se i tribunali daranno ragione agli esercenti - di ritrovarsi a pagare il conto per un pranzo che non ha mai ordinato.
I titolari delle attività infatti chiedono al Comune un risarcimento per i danni subiti a causa della decisione di effettuare i lavori e, soprattutto, di averli bloccati a più riprese oscurando di fatto il lago da quasi quattro anni, che salgono a cinque nella parte opposta di passeggiata, quella che da piazza Cavour arriva fino ai giardini a lago. E a pagare potrebbe essere proprio Lucini, che rischia anche di non concludere la sistemazione del lungolago entro la fine del suo mandato.
Entro una manciata di giorni - il 31 marzo era stato indicato come data "x", ma essendo Pasqua, ci vorrà qualche giorno in più - dovrebbe essere concluso lo studio di fattibilità per delineare come uscire dal pantano. Il calendario, quello vero, non quello che si respira stando sul lungolago, scorre. I lavori, realisticamente, potrebbero ripartire entro la fine dell'anno, ma nessuno oggi è in grado di scommettere nemmeno un euro. Poi ci vorranno comunque almeno due anni di cantiere e, quindi, nella migliore delle ipotesi, la ferita si chiuderebbe non prima della fine del 2015. Troppo tardi anche per l'Expo.
Il sindaco ha già detto che andrà subito a bussare alla porta del neogovernatore della Lombardia Roberto Maroni, che in campagna elettorale aveva promesso priorità assoluta al lungolago (anche per quanto riguarda i finanziamenti). E quella porta Como merita di trovarla spalancata, visto che è stata chiusa in faccia ai comaschi che, proprio dalla Giunta regionale voluta da Maroni, sono stati esclusi. "Fatti, non parole" è uno dei principi chiave dell'ex ministro oggi numero uno lombardo. Ecco, il capoluogo dimenticato dai tavoli della politica che conta, ma con un patrimonio paesaggistico riconosciuto dal mondo intero, merita rispetto. Almeno per evitare che il disastro delle paratie si trasformi, come già sta avvenendo, in danni economici profondi tanto quanto il lago. Il più profondo d'Italia.
Gisella Roncoroni
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