L'ultimo esempio è il bilancio della Ratti. Il gruppo di Guanzate ha registrato un "più" consistente nel fatturato. Grazie all'estero soprattutto (ed è il filo conduttore di ogni settore), a partire dall'Europa per imponenza dei numeri; tuttavia per crescere si sta "aggredendo" con i prodotti ogni continente, attraverso una strategia sempre più globale.
Stesso messaggio due settimane fa da Mantero. Anche qui musica rigenerante per le orecchie frastornate dai tamburi di guerra della crisi. E la conferma che le esportazioni hanno raggiunto il 75% di fatturato, con l'Europa alla pari degli Usa.
Sono alcuni esempi che ribadiscono come il tessile lariano abbia reagito con grinta lo scorso anno e il 2013 sia cominciato in continuità con questi segnali. L'aveva sottolineato all'inizio di quest'anno il presidente di Confindustria Francesco Verga, e si affacciavano nell'analisi più spiegazioni. Una, senz'altro, è l'aver patito già in passato ed essere arrivato "vaccinato" ai colpi inferti dalla nuova tempesta economica e finanziaria.
Chi è sopravvissuto alle bufere precedenti, è armato di esperienza e sa dove puntare per combattere con efficacia. Di fronte a un mercato interno desolante, trova nuove strade verso l'estero attingendo dal proprio punto forte: la qualità, legata spesso in ugual misura alla tradizione e all'innovazione. Pensiamo alla stampa digitale, ai casi virtuosi con cui Como si è distinta e che sanno dare sferzate contagiose al settore.
Il tessile sta scrivendo un'altra storia, già. Ma non è una favola, e questo va rimarcato: nessuno ha spalancato per le nostre aziende un libro dorato, invitando a un lieto fine scontato.
No, ogni parola viene vergata su questi fogli con estrema difficoltà. E il nemico, come hanno avuto modo di spiegare gli imprenditori, non è la crisi in sé. Perché abituati a sfidarla, i più conoscono le armi per non lasciarsi frenare o fermare addirittura.
L'ostacolo - ciò che rende più arduo questo costante ricucire le speranze - è la burocrazia. La follia di un sistema Paese, spesso declinato nelle varie forme, nei diversi territori, che si mette di mezzo in maniera beffarda.
Può essere l'impossibilità a investire su un capannone, per via dei nodi legati alla legge regionale e alla mancata adozione del Pgt, come nel caso della Ratti. Oppure le altre trappole disseminate sulle strade delle imprese. La riforma del lavoro che ha ingessato ulteriormente ingresso e uscita, per non parlare dell'apprendistato che si è ridotto ulteriormente quest'anno. O ancora gli effetti negativi che misteriosamente spuntano anche dalle leggi reclamate a gran voce, come quella sui pagamenti. Quando si invocano le semplificazioni, ecco che arrivano le fregature supplementari: dalla legge sugli appalti proprio sul tessile sono giunte complicazioni pazzesche, dove «semplificare» è sinonimo di «scaricare i pesi sulle imprese».
In un simile contesto, si può capire la malcelata rabbia degli imprenditori di fronte a un governo che non nasce e - peggio - ai dibattiti sul nulla che stanno ancora caratterizzando questa fase politica.
Così il tessile - a partire da quello lariano - ha in mano saldamente gli attrezzi per ricucire in barba alla crisi ostinata. Lo fa con pazienza e con sacrifici: gradirebbe almeno che non fosse proprio la politica a cercare di strappargli via l'ago.
Marilena Lualdi
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