La lady dei lavori pubblici comaschi è stata travolta da un riflesso condizionato dei sindacati, dopo aver diffuso nell'etere un leggiadro Tweet (per i rari profani un messaggio diffuso via social network) in cui sottolineava la singolare coincidenza di uno sciopero dei trasporti di venerdì, a ridosso del weekend. Apriti cielo. Come il martelletto sul ginocchio, ha fatto partire il fuoco di sbarramento a tutela dei lavoratori senza contratto da cinque anni che, oltretutto, non conoscono weekend perché bus, treni e natanti viaggiano sette giorni su sette (anche se, aspetto poco evidenziato, con meno corse il sabato la domenica).
Per gli altri lavoratori, quelli che forse intendeva tutelare Daniela Gerosa, cioè i trasportati, nessuna indulgenza. Se ne parlerà, nel caso, al momento delle loro vertenze. D'accordo, il sindacato fa il suo dovere. Ma, nell'anno di disgrazia 2013, forse la difesa a oltranza dell'astensione dal lavoro nei pubblici servizi, sa un po' di polveroso. Di venerdì come negli altri giorni. Insomma, la provocazione lanciata da Daniela Gerosa poteva essere anche l'occasione per allargare gli orizzonti e aprire un confronto. Sarà per il prossimo sciopero dei trasporti di venerdì. Anzi no. Perché, senza andare a disturbare le caste (se ne parlerà più avanti), il sindacato resta una delle istituzioni più tetragone a qualsiasi anelito di riforma.
Dice: ma come, Daniela Gerosa è un esponente del centrosinistra e si mette a polemizzare con il sindacati? Ebbene, nel 1979, un importante dirigente del Pci, Giorgio Amendola, gigante (e non solo in senso fisico) dalla politica se rapportato ai tanti nani (anche qui la morfologia non c'entra) di oggi, veniva idealmente lapidato per aver contestato la politica sindacale a proposito della tutela ad ogni costo del posto e della denuncia dell'alienazione provocata dal lavoro in fabbrica, non dissimile, denunciava, da quella del netturbino e del commesso del grande negozio. Di questo passo, denunciava con una preveggenza da far venire i brividi alla schiena l'esponente di quella corrente migliorista del vecchio Pci approdata con Napolitano al vertice dello Stato, ci saranno lavori che gli italiani non vorranno più fare e toccheranno agli immigrati.
Quasi trentacinque anni dopo, sul versante sindacale, siamo al punto di partenza, salvo che la fabbrica non c'è più e il riformismo nel centrosinistra resta un asintotico afflato.
Ma c'è anche l'altra donna comasca che i guai se li è trovati. E magari un po' cercati. Per ragioni del tutto diverse. Laura Bordoli, infatti, è riuscita a far approvare dal Consiglio comunale una mozione bipartisan che consentirà alle esponenti in rosa dell'assemblea di palazzo Cernezzi di parcheggiare all'interno del cortile e non nell'autosilo del Valduce, evitando loro una passeggiata notturna ed eventuali spiacevoli incontri. Anche in questo caso è scattato un riflesso condizionato, quello, inevitabile in questi tempi, dell'anti casta. Ancora di più, dopo che i comaschi si sono trovati a lungo di fronte all'ostentazione del privilegio delle vetture di lor signori in via Perti, piena Città Murata. Reazioni comprensibili, peraltro quasi tutte di donne, forse andate oltre le intenzioni della capogruppo della minoranza animata soprattutto dall'intento di varare alcune politiche per le pari opportunità che ora rischiano, come lei, di restare in parcheggio. Laura Bordoli è caduta, come Daniela Gerosa, nel micidiale difetto di comunicazione e nella diffusa abitudine altrui di guardare sempre il dito e mai la luna. Ma, in fondo, ben vengano le donne in cerca di guai se pongono problemi reali.
Francesco Angelini
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