Perché chi non ha nulla da temere può stare tranquillo, mentre sarà più facile individuare e provare le situazioni di palese incoerenza fra il reddito e le spese. I dati saranno raffrontati con quelli delle denunce dei redditi. Questo strumento si affianca al redditometro e va di concerto con la politica di restrizione dell'uso del contante. Insomma, una rete di misure per rende sempre più difficile occultare il vero reddito al fisco.
Funzionerà? In un Paese normale sicuramente sì, ma in Italia si può avere qualche dubbio. Intanto bisogna che non ci siano intoppi di natura tecnica nella trasmissione delle informazioni, nella loro raccolta e acquisizione da parte del fisco, e poi nella successiva fase di interrogazione dei data base che si creano. E data la dimensione degli archivi e la numerosità delle fonti, solo un miracolo potrebbe garantire il successo al primo colpo.
Ma dopo le questioni tecnologiche, ci sono quelle procedurali. Perché uno dei problemi del recupero dell'evasione è che una volta individuato l'evasore e il frutto della sua azione, occorre istruire un processo, spesso lungo e tormentato, al cui esito si incontra spesso la parola prescrizione o impossibilità di incassare il dovuto e le relative sanzioni. Il fisco a provato a superare queste difficoltà con la famigerata Equitalia, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Al contribuente onesto deve quindi far piacere questa innovazione, volta a ridurre l'area della sottrazione ai doveri fiscali, anche se deve pagare un piccolo (o grande, dipende dalla sensibilità personale) prezzo in termini di riservatezza. Il recupero dell'evasione non riduce la pressione fiscale complessiva, ma la redistribuisce e la rende quindi meno insopportabile, sia quantitativamente, sia idealmente. Affinché la pressione fiscale complessiva cali, bisogna però che lo Stato divenga meno vorace ed efficiente. Questa speranza sembra ancora più fragile del buon funzionamento di scambio dei dati sui movimenti dei conti bancari.
Mario Comana
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