Nel libro scritto a sei mani con Dario Fo ("Il grillo canta sempre al tramonto") i due partono dall'antica Grecia per arrivare, dopo lunga dissertazione, a illustrare il loro progetto politico per il cambiamento. Atene però non era un modello distruttivo ma costruttivo, al punto di condizionare in maniera pesante i costumi dei conquistatori romani.
Ecco, forse i sommi capi del movimento Cinque Stelle potrebbero far tesoro di questa lezione. Fingere di lasciarsi catturare per poi imporre la linea. Questa sarebbe una politica spregiudicata e intelligente per favorire quel cambiamento che a, parole, l'ex comico vuole donare all'Italia. Non hanno capito Grillo e Casaleggio, o non hanno voluto capire, che Bersani e il Pd sono talmente malconci da portare loro l'acqua con le orecchie, per usare una celebre gag di Corrado Guzzanti. E questa volta pure con la fettina di limone dentro.
Invece prevale la linea dell'insulto e del rifiuto, della paura di perdere quella verginità ostentata, quella diversità presunta che comincia a mostrare qualche crepa davanti al menù della buvette di Montecitorio. Trionfa il sospetto, la paura del tradimento, della congiura. Il paradosso di un leader politico che pretende di controllare i parlamentari senza poter mettere piede nei Palazzi.
E, in ultima analisi, vince il tradimento degli elettori che hanno messo la croce vicino alle cinque stelle pensando di scegliere una forza che voleva fare e non solo dire. Pensare, che un Parlamento come quello uscito dalla slot machine del porcellum, di cose clamorose ne potrebbe fare. Per la prima volta nella storia repubblicana i moderati sono in minoranza. E si potrebbe davvero imprimere una svolta riformista radicale rispetto al passato.
Ma l'arroccamento di Grillo e Casaleggio nella loro blindata torre d'avorio, rischia di regalare al Paese un governicchio ancora basato sui compromessi al ribasso, sui ricatti in un Parlamento dove giganteggiano di nuovo gli Scilipoti di turno. Già si preparano le truppe leghiste a uscire dall'aula del Senato per abbassare il quorum della fiducia, già trattano sottobanco quelli del Pdl a cui non sembra vero di poter saltar fuori dall'angolo.
Certo, magari i consensi di Grillo, si dilateranno. Ma a che pro? Per il suo super ego? Per trasformare la rete da strumento di libertà a mezzo di controllo e oppressione in puro stile coreano, con i capigruppo in trattativa filmati non a beneficio dei cittadini ma per far sì che nessuno esca dai binari tracciati dai due caporioni? È questo che vuole quel quarto degli elettori che ha scelto il movimento Cinque Stelle?
Francesco Angelini
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