Ma esistono ancora stazioni così? Purtroppo sì e quella di San Giovanni ne è un esempio, da non esportare. Ciò che è venuto a mancare, a Como soprattutto, sono i luoghi degli incontri, il senso di umanità che un tempo, fra pendolari, viaggiatori abituali e turisti vaganti si poteva scovare. Ma a San Giovanni manca altro, molto altro.
Per esempio fino a ieri e per settimane sono mancati, a intermittenza o del tutto, le informazioni visive su treni in arrivo e in partenza. Indicatori in panne o azzerati lungo le banchine e avvisi sonori che mettono a dura prova gli uditi sono l'ultimo atto di una stazione che dire trascurata o dimenticata dalla sua proprietà è dire ancora poco.
Ora arriva la rassicurazione, peraltro dopo una denuncia di questo giornale: "Spenderemo 650 mila euro per nuovi teleindicatori anche nei sottopassi, monitor nell'atrio, gli altoparlanti" ha garantito Rfi, sottolineando che i lavori finiranno entro l'estate.
A parte la congruità della cifra, è naturale chiedersi se serve solo questo a San Giovanni. No, evidentemente. Pendolari e turisti, nonché occasionali viaggiatori, potrebbero stilare una lista infinita di ciò di cui la stazione cittadina avrebbe bisogno per essere presentabile e all'altezza di una città, non di secondo livello, come Como. Un elenco lunghissimo, il quale invece di ridursi, è andato via via allungandosi negli anni.
E' necessario partire da un dato: anche se Chiasso è classificata come stazione internazionale, è su Como che il turismo dal Nord Europa, da e per Milano (suoi aeroporti compresi) gravita, ha la sua destinazione finale. E cosa trova il turista (ma anche il pendolare ogni mattina e ogni sera), cosa troverà chi si recherà all'Expo fra solo due anni?
A parte gli orari di arrivi e partenze che non ci sono, trova pensiline in cemento corrose dall'umidità e capaci di far piovere calcinacci su chi è in attesa. Ma anche scalinate dove trascinare le valigie, senza neppure una scala mobile o un tapis roulant su cui appoggiare i bagagli (si possono apprezzare nelle stazioni tedesche) o, ancora, i più pratici ascensori che potrebbero anche andare incontro a disabili (che oggi per poter usare l'apparecchiatura semiarrugginita, devono preavvertire del loro arrivo) o comunque a persone (ricordiamo gli anziani) con problema di deambulazione.
Neppure chi deve attendere, se la passa bene: sale d'attesa chiude da anni, non resta che l'atrio o il freddo marmo esterno. In compenso il business ha la meglio: una sala di slot machine, un po' di chioschi automatici che offrono cibi o gadget.
Il guaio sta proprio in queste ultime "presenze": i punti vendita sono fra le rarissime cose che in tanti anni sono cambiate nello scalo. Ma per il resto Rfi su Como, come abbiamo visto, non ha mai investito e quando l'ha fatto, sono stati interventi obbligati e parziali. Per questo mettere a posto i tabelloni e per di più nel periodo primavera-estate, il più affollato di turisti, non basta.
Serve uno scatto che può e deve nascere da un pressing del Comune: la stazione non è una zona franca della città. Dev'essere sicura, pulita, efficiente e, vogliamo dirlo, bella. E' uno dei biglietti da visita verso il mondo, su di essa bisogna investire come se fosse - e in pratica lo è - la vera stazione internazionale. San Giovanni si deve integrare con Como, è una delle porte d'ingresso alla città e all'Italia anche per l'Expo e come tale va trattata. Quindi accoglienza soprattutto e servizi per i viaggiatori, anzi per la clientela come oggi le Ferrovie usano definire i fin troppo pazienti cittadini.
È fin troppo ovvio che vi siano i tabelloni elettronici funzionanti, come anche gli avvisi sonori, Rfi non fa nulla di straordinario. L'assurdo è che fino ad ora non si sia intervenuti. Come è assurdo non vi sia un progetto complessivo di recupero dello scalo e che in questo non venga coinvolta l'amministrazione locale la quale, dal canto suo, ha un onere almeno uguale: quello di rendere accogliente, pratico e luminoso l'ambiente circostante, i giardini, i piazzali, le strade d'accesso. E con le forze dell'ordine sia definito un piano di sicurezza della zona.
Finita nel dimenticatoio e nell'elenco delle incapacità politiche la stazione unica, oggi che Como guarda alla sua nuova ricchezza - il turismo - con una maggiore volontà, il caso San Giovanni va posto in testa alle priorità. Rfi va messa con le spalle al muro, con forza e idee chiare. E sappia che i tabelloni elettronici funzionanti sono solo l'inizio.
Umberto Montin
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