Il trasporto pubblico, da queste parti, è un luogo in se stesso. Un luogo buio e sporco. Ogni tanto anche pericoloso. Non che tutti riconoscano questo stato di cose. C'è anche chi lo dipinge con una tavolozza molto più brillante. Asf Autolinee, la società che si occupa del trasporto pubblico su bus in provincia di Como, ha per esempio fatto sapere che, da ieri, i suoi mezzi «sono ancora più "green", grazie all'installazione a bordo di Driving Style Tools (Dst), il sistema tecnologicamente avanzato per favorire una guida ecologica riducendo il consumo di carburante e le emissioni di inquinanti nell'aria».
Un plauso all'iniziativa, ma viene da sorridere: c'è da chiedersi infatti se il Driving Style Tools sarà in grado di eliminare proprio tutte le emissioni inquinanti, comprese quelle, acustiche, rilasciate ogni giorno dai non pochi utenti scontenti del servizio, non solo di Asf, ma dell'intera costellazione di aziende che opera in Lombardia.
Certamente non potrà essere considerato un utente soddisfatto quel giovanissimo passeggero che, a Tavernerio, si è visto minacciare con un coltello: ci ha rimesso solo il cellulare, ma non era certo questo il servizio che aveva messo in preventivo alla partenza.
Un trattamento meno drammatico ma, alla lunga, parecchio snervante tocca ogni giorno ai pendolari di Trenord e Ferrovie Lombarde, tormentati da uno stillicidio di ritardi che, se sommati, dovrebbero costringere le aziende a rimborsarli non con qualche decina di euro, ma con un quarto delle loro vite: lunghe attese in stazioni malridotte per salire su treni scadenti in modo da venir scaricati in altre stazioni altrettanto malandate e, la sera, perfino allarmanti.
Tutto questo compone un pessimo quadro o se volete, un film, tristissimo, quello che, al di là di comunicati stampa speranzosi e di sporadiche iniziative lodevoli quanto aleatorie, denuncia una verità paradossale: il trasporto pubblico da noi non è una risorsa, non è un'alternativa intelligente, non è un investimento sul futuro e neppure un servizio mantenuto quantomeno sopra la linea di galleggiamento della dignità. È invece un comparto alla deriva, umiliato dai tagli al bilancio, da scelte manageriali che discendono da spartizioni politiche praticate all'insegna della più spensierata incompetenza e dalla strisciante convinzione che tanto va bene lo stesso: i più, alla fine, se devono andare da qualche parte prendono la macchina.
Eppure tutti, in viaggio all'estero, tra le prime cose che apprezziamo (o critichiamo) è l'efficienza (o l'inefficienza) del trasporto pubblico: ci sembra un valido indicatore del grado di civiltà, di sviluppo e di attenzione ai cittadini espresso dal Paese che stiamo visitando. Ci sembra perché è proprio così: garantire, in alternativa all'automobile, una mobilità efficiente, capillare, sicura e igienicamente accettabile, è una priorità quasi ovunque. Questo per la buona ragione che i cittadini, muovendosi in libertà e in sicurezza, vivono meglio, lavorano meglio, studiano meglio e diventano migliori, sia sotto il profilo economico sia sotto quello civico. Da noi, con una politica che a tutto pensa tranne che a mettersi dalla parte dei cittadini, il trasporto pubblico riesce soltanto nell'impresa di diventare la metafora perfetta della società: insicura, confusa, priva di direzione e in costante ritardo.
Mario Schiani
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