A Cantù c'è il presente di uno straordinario distretto produttivo, capace di portare all'estero la qualità di "un saper fare" che non teme concorrenza. Imprenditori che non hanno paura di girare il mondo accettando la sfida di misurarsi con un contesto di mercato sempre più difficile e che, proprio nel momento più duro, non esitano a lanciare il cuore oltre l'ostacolo facendo nuovi investimenti nel momento in cui altri scelgono di battere in ritirata.
La crisi morde ma non è un caso se il design italiano, anche negli ultimi anni, ha costantemente guadagnato quote di export in tutto il mondo, nei paesi emergenti in particolare. Cantù attraverso il marchio delle sue aziende - grandi, medie ma anche artigiane - è oggi conosciuta in Cina, in India, in Russia, nel Medio Oriente.
Ma il presente di Cantù è anche formazione e ricerca. Le scuole professionali, i licei artistici, i centri studi e le università, sempre più in collaborazione con il tessuto produttivo, hanno il compito di trasmettere amore per il progetto ed è un piacere, in questi giorni, vedere quanti giovani della nostra zona sono protagonisti, con proprie installazioni, nella miriade di eventi del fuorisalone. Il tema delle scuole è decisivo. Antonio Citterio, su L'Ordine del 24 marzo, ha lanciato un segnale «Come non capire che la salvezza delle nostre aziende è legata alla formazione, al passaggio di know how, alla conoscenza. Come è possibile che in Brianza non ci sia un istituto del design mentre in Canton Ticino stanno progettando una scuola della moda?»
Cantù pensi in grande e il Comune sia motore del cambiamento. Il contesto è difficile per tutti e le casse degli enti pubblici sono vuote. Ma dire di no a priori, evitare anche solo di sedersi a un tavolo, mobilitare energie, mettere in circolo le idee, confrontarsi con le persone del mestiere e capire da loro ciò di cui c'è bisogno, sarebbe un errore sciagurato. Non ci sono soldi, certo, ma il problema in questo caso non è, o non è soltanto, trovare qualche risorsa nel magro bilancio comunale.
L'obiettivo è quello di costruire un vero progetto e bisogna pensare in grande, a un museo di eccellenza mondiale, capace di trasmettere quanto il made in Cantù oggi rappresenta in ogni angolo del pianeta.
Museo è una parola che tante volte dalle nostre parti evoca esperienze sinistre. Sale polverose e semideserte, contenitori fatiscenti e poco accessibili. Ecco, lasciamo perdere. Non c'è bisogno di questo. Mettiamoci al lavoro e guardiamo a ciò che di meglio già c'è. Costruiamo alleanze (la Triennale è a una mezz'ora di auto), coinvolgiamo le università e soprattutto parliamo con i protagonisti. Ovvero i designer, gli imprenditori, le scuole professionali. Questo sì è un obiettivo strategico per costruire la città del futuro.
Enrico Marletta
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