Museo
del Design,
candidiamo
Cantù

  Perché Milano non ha ancora un museo del design? Il quesito se lo è posto ieri Gianni Barbacetto su "Il Fatto Quotidiano", sorpreso, quasi emozionato, di fronte alla scossa di energia positiva che sta attraversando la città grazie al Salone del Mobile. Ora, va da sé, domandarsi: perché non farlo a Cantù? Qui c'è tutto ciò che serve per creare il simbolico centro mondiale del design. C'è innanzi tutto il passato, il patrimonio di conoscenze storicamente consolidate nella terra di Giuseppe Terragni. Dove, se non qui, valorizzare ciò che hanno realizzato nel campo dell'architettura degli interni e dell'arredo, i maestri del razionalismo e del design italiano?
A Cantù c'è il presente di uno straordinario distretto produttivo, capace di portare all'estero la qualità di "un saper fare" che non teme concorrenza. Imprenditori che non hanno paura di girare il mondo accettando la sfida di misurarsi con un contesto di mercato sempre più difficile e che, proprio nel momento più duro, non esitano a lanciare il cuore oltre l'ostacolo facendo nuovi investimenti nel momento in cui altri scelgono di battere in ritirata.
La crisi morde ma non è un caso se il design italiano, anche negli ultimi anni, ha costantemente guadagnato quote di export in tutto il mondo, nei paesi emergenti in particolare. Cantù attraverso il marchio delle sue aziende - grandi, medie ma anche artigiane - è oggi conosciuta in Cina, in India, in Russia, nel Medio Oriente.
Ma il presente di Cantù è anche formazione e ricerca. Le scuole professionali, i licei artistici, i centri studi e le università, sempre più in collaborazione con il tessuto produttivo, hanno il compito di trasmettere amore per il progetto ed è un piacere, in questi giorni, vedere quanti giovani della nostra zona sono protagonisti, con proprie installazioni, nella miriade di eventi del fuorisalone. Il tema delle scuole è decisivo. Antonio Citterio, su L'Ordine del 24 marzo, ha lanciato un segnale «Come non capire che la salvezza delle nostre aziende è legata alla formazione, al passaggio di know how, alla conoscenza. Come è possibile che in Brianza non ci sia un istituto del design mentre in Canton Ticino stanno progettando una scuola della moda?»
Cantù pensi in grande e il Comune sia motore del cambiamento. Il contesto è difficile per tutti e le casse degli enti pubblici sono vuote. Ma dire di no a priori, evitare anche solo di sedersi a un tavolo, mobilitare energie, mettere in circolo le idee, confrontarsi con le persone del mestiere e capire da loro ciò di cui c'è bisogno, sarebbe un errore sciagurato. Non ci sono soldi, certo, ma il problema in questo caso non è, o non è soltanto, trovare qualche risorsa nel magro bilancio comunale.
L'obiettivo è quello di costruire un vero progetto e bisogna pensare in grande, a un museo di eccellenza mondiale, capace di trasmettere quanto il made in Cantù oggi rappresenta in ogni angolo del pianeta.
Museo è una parola che tante volte dalle nostre parti evoca esperienze sinistre. Sale polverose e semideserte, contenitori fatiscenti e poco accessibili. Ecco, lasciamo perdere. Non c'è bisogno di questo. Mettiamoci al lavoro e guardiamo a ciò che di meglio già c'è. Costruiamo alleanze (la Triennale è a una mezz'ora di auto), coinvolgiamo le università e soprattutto parliamo con i protagonisti. Ovvero i designer, gli imprenditori, le scuole professionali. Questo sì è un obiettivo strategico per costruire la città del futuro.
Enrico Marletta

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utente_235049

11 anni, 11 mesi

Certamente non voglio sottostimare il potenziale “creativo” dei nostri artigiani che hanno sempre fatto dell’ “arte dell’arrangiarsi” il proprio credo culturale e professionale nonché il perno della propria esistenza. Ma la decadenza a cui si fa riferimento è, a mio giudizio, entrata in una fase troppo avanzata ed irreversibile. Guardiamo ad esempio a Cantù: quante e quali sono le esposizioni di mobili sopravvissute dopo gli splendori dei decenni scorsi? Solo una…. Questa vorrà pur dire qualcosa o no?!? Circa le cause che hanno portato a questa situazione è ovvio che gli aspetti sono molteplici: concordo con l’incapacità di investire sul nostro territorio andando laddove conviene di più, con la decisione dei figli di questi artigiani di non seguire le orme dei loro predecessori attratti dalla comodità di altri impieghi….. Ma non dimentichiamoci anche di un aspetto fondamentale che accomuna tutti i discorsi: quante volte gli stessi imprenditori hanno preferito farsi guerra tra loro, gelosi dei propri “segreti”, piuttosto che allearsi per vincere le sfide del futuro? Se i vari centri espositori del canturino hanno chiuso è perché evidentemente (oltre ai motivi sopra citati, alla pesantissima crisi economica, ecc….) non si è mai voluto arrivare ad un vero progetto comune.

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filippomambretti

11 anni, 11 mesi

Non condivido la tua opinione Max , la Brianza è ancora la capitale mondiale del design, ma è una capitale decadente , che rischia nei prossimi 5-6 anni di essere rasa al suolo , e non certo per colpa delle industrire e dei designer nord europei o stranieri , ma solo per un forte ed inspiegabile desiderio autolesionistico. Le aziende brianzole Leader nel design dovrebbero tutelare maggiormente i propri artigiani ed il proprio indotto, invece di investire all'estero, in manodopera e ricerca, dovrebbero valorizzare ed investire nel potere artigianle locale, richiamando anche giovani e le nuove leve a rimboccarsi le maniche e ritornare in bottega, come i lori padri o nonni. Invece le aziende brianzole stanno uccidendo da sole la loro leadership, investendo in designer stranieri, artigiani sparsi qui e là solo per risparmiare quelde soldo a discapito di qualità e riconoscibilità,e molte altre volte a scapito di idee e finiture, solo perche l'esotico nell'immaginario è piu' di tendenza. Sbagliatissimo , noi le tendenze le abbiamo da sempre dettate e plasmate, sia nello stile che nella qualità . Quindi Cantu potrà essere sicuramente un'eccellente capitale dal design , basta che si investa sul locale, e non si speculi , sull'attrativa internazionale, facendo fallire il tutto , faccio presente che il Vitra museum , una Mecca per tutti gli amanti del design , e centro attrativo internazionale,è basato su cio' che c'è di piu locale, con richiami internazionali , ma mirati a valorizzare comunque la matrice culturale e caratterizzante l'immagine di Vitra. Nel catalogo Vitra vi sono 2-3 nomi italiani , e solo della vecchia scuola ,e non è un caso ,inquanto loro (vitra) investono e valorizzano i loro talenti , e le loro ricchezze, non vanno a far crescere di sicuro l'orto del vicino . Anche se .... i terzisti li cercano in Brianza... è di nuovo un caso? No , poiche siamo bravissimi a sportare ricchezze culturali , estetiche, manifatturiere ed economiche , ma degli idioti quando si tratta di valorizzare noi ed il nostro territorio. Cordiali saluti Filippo Mambretti con nome e cognome.

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utente_235049

11 anni, 11 mesi

Cantù non può più ospitare un Museo del Design per il semplice motivo che non è più la capitale italiana del mobile da un pezzo. La tradizionale cittadina brianzola fatta di case-botteghe (sopra l'abitazione dell'artigiano e sotto la bottega dove si costruivano i mobili) ha lasciato (ormai da quasi 20 anni) il posto ad una realtà di circa 40.000 abitanti (che sono costretti a convivere con le stesse anguste strade di inizio '900...) dove le botteghe dei "legnamée" ormai sono una rarità. Fatevi un giro per vedere (ad esempio nella via dove risiedo io sono scomparse tutte) con i vostri occhi... Rieccheggiano ancora le parole pronunciate pochi giorni fa dal Rappresentante del PD Vittorio Spinelli che emise un commento stroncante sulla realtà economico-produttiva canturina. Ecco le sue testuali parole estrapolate proprio da questo blog: «Non vado alla ricerca di polemiche, ma oggi Cantù è un fermo totale sotto diversi punti di vista - afferma Spinelli - l'economia e il commercio sono paralizzati, si sta andando a trasformare Cantù in una città dormitorio. Ed è quello che non vorrei proprio. Per decenni l'identità di Cantù è stata legata al mobile e all'artigianato. Oggi sono pochi i giovani coinvolti in questo settore». In un punto il politico canturino ha sbagliato: Cantù non è solo un città dormitorio… è anche la capitale dei centri commerciali, degli hard discount e dei distributori di benzina (“no logo”)… Ecco il volto nuovo, l’immagine reale di questa città, altro che “capitale del design”!

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