La notizia, ora, è che anche il Pdl ha fuso le bronzine. La defaillance, in particolare, è tutta comasca. Uscito battutissimo dall'ultima consultazione amministrativa, immaginavamo il centrodestra locale impegnato a ricostruirsi una reputazione a colpi di sobrietà, credibilità e adesione a un ruolo, quello di opposizione, evidentemente essenziale nel processo democratico.
Impressione sbagliata perché, apprendiamo, il Pdl in Comune si occupa invece di mozioni. In buona compagnia, bisogna dire, perché ad esso risultano associati, nel caso presente, anche il Gruppo Misto, il Movimento 5 Stelle e Adesso Como.
Veniamo al fatto. In Consiglio comunale è arrivata una "mozione di biasimo" nei confronti dell'assessore alla Mobilità e ai Trasporti Daniela Gerosa. Perché l'assessore Gerosa dovrebbe meritarsi il biasimo dell'assemblea civica? Per aver colpevolmente trascurato i suoi doveri? Per aver ignorato le istanze più urgenti portate al suo ufficio dai cittadini? O magari per aver venduto il "girone" e piazza Cavour alla mafia russa?
Niente di tutto questo. La "colpa" dell'assessore sta tutta in un "tweet". Quello "postato" in occasione del più recente sciopero del settore trasporti: «Sarà, ma a me questi scioperi di venerdì puzzano».
Non si tratta, è vero, di una frase degna dei migliori endecasillabi leopardiani, ma una cosa di certo non merita: l'ondata di sussiegoso rimprovero e di impettito turbamento che i firmatari della mozione le hanno riversato contro. L'assessore viene accusata di «scarsa conoscenza del funzionamento del trasporto pubblico» e di aver offeso «migliaia di lavoratori» (dei passeggeri rimasti a piedi evidentemente non gliene frega niente a nessuno); lo straordinario testo evidenzia inoltre come il "tweet" sia «fuori luogo in un periodo storico come quello attuale, caratterizzato da evidente tensione sociale». Ci meravigliamo di lei, assessore: sempre pensare al «periodo storico» quando si parla di treni e bus! Infine, la mozione ricorda alla dottoressa Gerosa come «il diritto allo sciopero sia consentito dalla Costituzione». È giusto: una botta finale con la sacra Carta è il sistema più sicuro per stroncare l'avversario.
Terminata la lettura del documento - ricco di espressioni baritonali come «ruolo istituzionale» e «portata dell'affermazione» - si ha l'impressione di aver perduto del gran tempo, quella cosa che, si sa, fugge fugge e mai non torna. Il "tweet" di Daniela Gerosa non sarà stato granché meglio, ma aveva il pregio di non poter superare, neppure volendo, le 140 battute.
Mario Schiani
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