Quando, nel 1969, i commercianti scesero in piazza contro la pedonalizzazione del centro storico di Como erano convinti delle loro ragioni. Di più, temevano che la chiusura alle auto avrebbe ucciso i loro negozi.
A distanza di 44 anni nessuno mette più in discussione la bontà della decisione del sindaco Spallino. Ma la storia si sta ripetendo. L'altra sera una delegazione di commercianti si è presentata in consiglio comunale per protestare contro l'ampliamento della zona a traffico limitato, promettendo un presidio a oltranza. La proposta di Lucini è molto semplice e passa attraverso l'estensione della zona pedonale a due zone: la prima è il mini-girone che da via Rodari passa in piazza Roma, per arrivare ai Portici Plinio e in piazza Grimoldi; la seconda riguarda l'anello che va da via Rubini a piazza Volta, per concludersi in via Garibaldi. In entrambi i casi non è prevista - è bene evidenziarlo - la soppressione dei parcheggi, bensì la trasformazione dei posti blu (a pagamento) in gialli (riservati ai residenti).
In questi giorni, complice la portata rivoluzionaria della proposta, si è scatenato un dibattito che ha pochi precedenti in città.
I primi a levare gli scudi, manco a dirlo, sono stati i commercianti, che hanno definito l'idea di Lucini «un suicidio» per la categoria, chiedendo quantomeno l'identificazione di spazi di sosta alternativi. Tema, questo, rilanciato da Chicco Gelpi dell'Aci, che ha definito assurdo «abolire i parcheggi senza spostare gli uffici pubblici». Sì, perché la gente non va in centro solo per far shopping, ma anche per mille altri motivi legati alla centralità dei servizi propria del capoluogo. L'indomani è stata la volta del presidente degli architetti, che ha promosso l'idea («è una tendenza di tutte le città europee, per tutelare la qualità della vita»), ma ha invitato a non improvvisare, garantendo alternative per la sosta e il decentramento dei servizi nell'area delle caserme o all'ex Sant'Anna (Gelpi, invece, aveva rilanciato la cittadella in Ticosa). Altro giro, altra corsa. È il turno del professor Marco Ponti. «Il Comune - ha detto - fa bene a tutelare la qualità della vita, ma l'accessibilità ai servizi dev'essere garantita». Concetto di massima, questo, ripreso oggi da un altro collega del Politecnico, Alberto Colorni («i parcheggi non potranno essere molto lontani dal cordone che delimita la zona vietata al traffico»). In mezzo al dibattito si sono inseriti anche gli artigiani («sarà impossibile lavorare in centro»), le associazioni dei commercianti (accomunate dalla ferma contrarietà al progetto) e i costruttori che, a sorpresa, hanno invece giudicato l'ampliamento della ztl una «bellissima idea».
Dulcis in fundo la fronda in maggioranza, con appena otto consiglieri favorevoli alla doppia operazione già a giugno, e una mozione di opposizione che punta a fermare la maxi area pedonale.
La ricostruzione del dibattito, per quanto forzatamente schematica, non vuole essere un ozioso "pistolotto". In realtà porta ad alcuni punti fermi. La prima considerazione - confortata da Monti e da altri esperti del livello di Ponti - è di segno positivo: l'idea in sé è tutt'altro che disprezzabile. La seconda, invece, nasce da una serie di criticità: 1) nell'immediato vanno garantite regole snelle e alternative per la sosta; 2) in prospettiva si deve valutare seriamente l'ipotesi di decentrare parte dei servizi pubblici che gravitano sul centro, in convalle (ex Ticosa) o appena fuori (zona caserme, ex ospedale Sant'Anna).
Il sindaco, nell'annunciare che lo studio sarà pronto per la metà di maggio, ha annunciato: «Dirà se è consentito pedonalizzare entrambe le zone o solo una». La speranza è che non voglia forzare la mano. Fare un primo test estivo sul mini-girone tra piazza Roma e i Portici Plinio, in attesa che riaprano l'Arena e il parcheggio dell'ex Ticosa (in autunno, si spera), potrebbe essere un ottimo compromesso. Per poi valutare, con più serenità, se è il caso di tornare indietro o raddoppiare. Senza dover aspettare altri 44 anni per scoprire chi aveva ragione.
Emilio Frigerio
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