Ci sono ben sette donne - tra cui due affidabili professioniste delle istituzioni come Annamaria Cancellieri alla Giustizia ed Emma Bonino agli Esteri, e il debutto di una italiana di colore di origine congolese, il medico Cecile Kyenge Kashetu che sarà ministro alla Cooperazione Internazionale e Integrazione - e un abbassamento del tasso anagrafico notevole, degno del Bayern Monaco. Ma è innanzitutto, con buona pace di chi non lo vorrà ammettere e dei nostalgici di vent'anni di guerra civile, un buon governo di centro-sinistra. Di coalizione.
Che sia un governo politico non c'è dubbio, e lo ha scandito a chiare lettere ieri il presidente della Repubblica. Sarà anche un buon governo, e di ragionevole durata? È presto per dirlo. Per ora, anche nella maggior parte dei commenti, c'è qualche buona possibilità. Rafforzata sul fronte di guerra euro-economico dalle chiavi del motore messe in mano a due tecnici di valore come Fabrizio Saccomanni (da Bankitalia all'Economia) ed Enrico Giovannini (dall'Istat al Lavoro). Quanto alla durata, dipende da troppe incognite: la coesione sulle riforme, l'evoluzione della crisi economica, la psicoanalisi del Pd, i processi del Cavaliere… Un cauto ottimismo fa dire agli specialisti del calendario: non prima delle elezioni europee della primavera 2014. Forse un po' poco, ma i cittadini italiani oggi questo hanno da sperare. E, per come si erano messe le cose, non è nemmeno poco.
Ma se il governo Letta è un esecutivo politico, quale sapore politico ha? Enrico Letta è un preparato, giovane ma già scafato tecnocrate della politica: uno dei pochi in grado di provare a tenere unite le anime in pena del Pd: dalla vecchia guardia ai giovani turchi, dai rottamatori renziani alla Cgil. Il suo problema sarà tenere a bada i giovani fuori di testa ormai contagiati dal virus grillino: i Civati, le Puppato, le Serracchiani. Dalla sua ha però il principio di realtà: dopo tanti disastri e suicidi di gruppo, il Pd non può permettersi di buttare all'aria anche il governo Napolitano-Letta.
Diversa la situazione del Pdl. Lì, come si sa, conta solo Silvio Berlusconi. Tre mesi fa era all'angolo, sembrava pronto per una (metaforica) Piazzale Loreto. Ora è tornato a sedersi al tavolo che conta. Non ha vinto le elezioni, e si ritrova nella coalizione di governo. Ma si sa che il suo vero timore sono i processi che lo inseguono, e che la sua vera tentazione è quella di tornare a giocare la partita che gli riesce meglio: campagna elettorale e voto anticipato. Poi c'è però un altro Berlusconi, quello moderato che ambisce ad essere uomo di Stato che sa di dover far prevalere il senso di responsabilità. Dal punto di vista del Pdl, la tenuta del governo sta appesa a questo pendolo.
Maurizio Crippa
editorialista de Il Foglio
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