Di fronte a questo quadro drammatico, la polemica sulla natura e sulla guida della Convenzione che dovrebbe attuarle ha davvero qualcosa di suicida. E l'ottimismo del premier appare sempre più oscuro. Sorprende, in particolare, che a Francia e Spagna siano stati concessi due anni in più per il rientro del deficit, senza che il nostro governo abbia nemmeno provato a chiedere un identico trattamento.
Certo, la situazione economica italiana è zavorrata da un debito pubblico abnorme ma che sia solo questo dato (ignorato per anni) a determinare la stretta sul nostro Paese comincia ad essere messo in dubbio da più di una forza politica. C'è la sensazione, in altri termini, che all'Italia Berlino non voglia consentire quello che invece è stato ammesso non solo per Parigi e Madrid ma per la stessa Germania quando era considerata la «malata d'Europa».
Oggi la «malata d'Europa» è l'Italia e il governo Letta vorrebbe che fosse il prossimo vertice europeo di giugno ad occuparsene, disponendo misure concrete per la crescita. Il Pdl chiede al ministro Saccomanni di domandare ad Angela Merkel che fine abbiano fatto il Piano di sviluppo e il Fondo Salva-Stati per la cui creazione si era battuto molto Mario Monti.
Sarà un compito difficile. Soprattutto perchè il Paese si è avvitato in un circolo vizioso: per fare le riforme servono i soldi ma lo Stato non li ha, e nemmeno gli è consentito di utilizzare - a causa del patto di stabilità - la liquidità che è già in cassa.
Intanto i due contraenti principali delle larghe intese, Pd e Pdl, pensano ad incrociare nuovamente le sciabole sul destino della Convenzione. Matteo Renzi e Stefano Fassina bocciano l'ipotesi di attribuirne la guida a Silvio Berlusconi perchè sarebbe un modo di farne un padre costituente, mentre secondo il Pd l'ex premier non è nemmeno uomo di garanzia. I berlusconiani replicano che non si possono porre veti e minacciano di far saltare tutto. È ovvio che un dibattito di questo tipo ha un sapore molto elettorale e non può che allarmare commissione Ue e tedeschi.
Peraltro c'è anche chi pensa che questa sorta di doppio binario extraparlamentare possa comportare rischi per la Costituzione (Stefano Rodotà): la spiegazione di Luciano Violante, secondo il quale le precedenti commissioni per le riforme sono state danneggiate proprio dalle tensioni politiche dei parlamentari che le componevano, non convince l'opposizione e fa presagire ulteriori scontri.
Pierfrancesco Frerè
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