Non c'è immagine più perfetta, per chiunque abbia sentito almeno una volta sulla pelle il marchio bruciante dell'amicizia tradita, della memorabile sequenza di C'era una volta in America - che in questi giorni Sky sta proponendo in una extended version di quattro ore, arricchita da diverse scene tagliate a suo tempo in fase di montaggio - nella quale Max e Noodles, interpretato da un De Niro (...)
segue a pagina 10
segue dalla prima pagina
A
di Diego Minonzio
A
(...) mai così gigantesco, arrivano alla resa dei conti e nella quale, per la prima volta, tutte le carte sono finalmente sul tavolo. È lì che si chiude la partita, una partita truccata: con la confessione di Max del crimine più imperdonabile della sua lunga carriera da gangster. Il tradimento del suo primo e unico amico.
È un film pedagogico, amarissimo, che, attraverso una ricostruzione grandiosa e affascinante di cinquant'anni di storia d'America riletti attraverso la lente deformante dello sgretolamento del tempo che rende così affine il capolavoro di Sergio Leone alla Recherche di Proust o a certe atmosfere del Bergman migliore, trova la sua sintesi perfetta nella consapevolezza di una delle leggi cardine dell'esistenza: non bisogna mai aspettarsi nulla dagli esseri umani, perché loro sono destinati a deluderti. È il motivo del fascino incorruttibile di questo film. Perché c'è almeno una cosa di fronte alla quale tutti sono impotenti, anche le persone più dure e ciniche e spregiudicate e insensibili ed esperte del mondo: il male che ti viene fatto da chi ami. Non c'è difesa, non c'è ironia o indifferenza o scetticismo. La persona amata - e chi lo è più di un amico? - che ti pugnala sa di averti ucciso per sempre. E lo sai anche tu.
Il tradimento nel suo senso lato è uno degli elementi più ricorrenti - e più letterari - della cronaca, della vita quotidiana: il politico che promette una cosa e poi ne fa un'altra contraria e opposta, il marito che giura amore eterno e poi corre dalla ragazzina per illudersi che un giorno non toccherà morire pure a lui, il funzionario che dovrebbe lavorare per il bene comune e invece lo becchi al bar imbambolato davanti alla Gazzetta o, peggio, a intrallazzare per farsi gli affaracci suoi con i soldi nostri, il bomber che io ho tifato per la mia squadra fin da bambino e questa maglia è una cosa sacra mentre sta già trescando per passare con i cugini, lo Schettino al quale vengono affidate le vite di migliaia di persone e che invece fa l'idiota in sala comando, il Masaniello che si dimostra peggio dei padroni, il rivoluzionario cheguevarista che poi forse è meglio diventare top manager della finanza creativa, il sindacalista che si vende per un piatto di lenticchie dopo aver comiziato alla macchinetta del caffè contro le multinazionali, il cronista d'assalto che ci pensa lui a difendere gli umiliati e gli offesi ma appena incrocia un vice assessore rionale si srotola come uno zerbino, il Bel Ami, il Rastignac, il Karamazov. Il Giuda.
Ripensate un attimo alla vostra vita quotidiana, alla cronaca, allo scorrere caotico degli eventi, ai libri che avete letto, ai film che avete visto, alle persone che avete frequentato, alle dinamiche sociali e psicologiche che si instaurano quando l'uomo entra in relazione con un suo simile. È tutto così complicato, vero? Quanta finzione, quante convenzioni. E quanti misteri, soprattutto. Nessuno conosce nessuno. Mai. Decine, centinaia, migliaia di esempi che ci dimostrano ogni giorno quanto il tradimento della fiducia data e della purezza di un rapporto così come lo era al suo stato nascente faccia parte del nostro orizzonte. È essenza di quel niente che siamo e di quel truogolo di schifezze che avvolge la vita di noi uomini piccoli piccoli e dal quale ogni tanto emergiamo con meravigliose dimostrazioni di orgoglio, dedizione e sensibilità per poi però ricascarci dentro fino al collo appena passa l'attimo fuggente durante il quale sembriamo migliori di quello che siamo.
Vien quasi da pensare che sia necessario comportarsi in questo modo e che, in fondo, è così che bisogna fare perché è così che le cose funzionano. Lo fanno (quasi ) tutti - politici, professionisti, imprenditori, giornalisti, campioni dello sport, star della musica, vicini di casa, parenti vicini e lontani, uomini, donne, bambini, tutti insomma -, perché non adeguarci anche noi? Non c'è che da prenderne atto. Se per i nostri interessi dobbiamo calpestare la persona più cara, beh, allora che così sia…
Gestire, troncare, sopire, pensare ma non dire, dire ma non pensare, millantare, mentire. Tradire. Facile, no? Non è solo una delle parti della commedia umana che va in scena da queste parti? E se è così, allora forse aveva ragione Max, che al punto di svolta della sua parabola criminale non ha esitato a truffare il suo vecchio amico e a portargli via tutto, forse perché già da ragazzino aveva capito la lezione riassunta in un'altra scena memorabile del film: «I vincenti si riconoscono alla partenza. Si riconoscono i vincenti e i brocchi. Chi avrebbe puntato su di te?». Noodles aveva già impresso il marchio della sconfitta perché non ha mai voluto abbandonare il suo codice, le sue regole, la sua purezza. Certo, i puri perdono, travolti dall'illusione delle loro buone intenzioni. Ma poi sanno portare a termine la più perfetta delle vendette: non vendicarsi, appunto, non uccidere, non odiare, non ascoltare l'invocazione che «un amico tradito non ha altra scelta: deve sparare», ma far finta di non riconoscerlo più, condannarlo al rimorso eterno e ricordare invece l'amico perduto per quella persona meravigliosa che era.
Restare puri, o almeno tentarci, è una follia, ma rappresenta anche la vittoria più bella. Ben fatto, vecchio Noodles, è così che bisogna vivere. Anche se in tutti questi anni hai dovuto andare a letto presto…
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA