La vita e la morte sono un mistero. Una morte così lo è ancora di più. Lina e le sue ragazze, Francesca e Alessandra, si troveranno oggi in chiesa con centinaia di altre persone. Gli amici, i clienti, i colleghi commercianti. Questa tragedia ha colpito l'intera comunità di Cucciago perché nella sua assurdità ha gli elementi necessari per insegnare a tutti, compreso a chi non ha avuto il privilegio di conoscere Mau, qualcosa della vita e di ciò per cui vale la pena spendersi.
Una volta di più ferisce l'inaccettabilità di una morte in strada. Ogni giorno 18 persone muoiono di automobile, 7 mila all'anno, investite o massacrate dalle lamiere che di colpo diventano una bara.
I giornali innanzi tutto dovrebbero smettere di usare l'espressione "tragica fatalità". Ogni incidente ha cause precise e vicende come quella di Cucciago non possono non richiamare l'urgenza di aprire un dibattito senza pregiudizi sull'opportunità di prevedere nel codice il reato di omicidio stradale. Chi si mette al volante ubriaco su una strada provinciale non ha una responsabilità differente da chi esplode in strada un colpo di pistola alla cieca.
La tragedia di Cucciago colpisce però anche perché associa in una frazione di secondo, l'attimo dell'incidente, due esistenze all'opposto. La vita spericolata di Cirillo, a zonzo su un furgone rubato dopo una serata imbevuta di drink e quella di Punzi, il "gigante buono", il papà adorato dalle sue figlie e da quella sorta di famiglia allargata che era il Cher Ami.
Due vite che non hanno nulla in comune e che si incrociano senza un perché nel cuore di una notte senza luna. Cirillo se la cava con qualche graffio e si allontana, così ha raccontato ai carabinieri, vagando nei boschi prima di salire sul treno, il giorno successivo, e rientrare a casa. Maurizio è morto in un istante, forse non ha nemmeno avuto il tempo di un pensiero.
«Quando si muore si ha ben altro da fare che di pensare alla morte» scrisse Italo Svevo. Ha ragione ma proprio la morte in questo caso insegna a tutti, anche a Cirillo, ciò per cui vale la pena vivere, vivere in modo pieno, costruire giorno dopo giorno la propria esistenza. La tragedia di Punzi è un inno alla vita, alla profondità della vita.
La famiglia ha scelto di condividere questi giorni di grande tristezza con tutta la comunità che si è raccolta commossa e discreta senza cedere mai alla tentazione di dire una parola oltre il necessario. Una decisione, quella di mogli e figlie, non scontata che rende ancora più prezioso l'insegnamento di questa vicenda. Ieri, poco dopo avere appreso della cattura, la signora Lina, ha postato sul web un breve ma intenso messaggio di ringraziamento agli amici in cui - non era scontato - non vi è alcuna ombra di risentimento o vendetta. È una testimonianza di amore per il suo uomo ma anche di fiducia nel futuro nonostante tutto quello che sta affrontando. «Ho il cuore gonfio di dolore. Maurizio mai nessuno me lo potrà restituire. Ma sono certa che da lassù mi indicherà la strada giusta da seguire».
Enrico Marletta
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