Aveva ragione lui. Accingendosi a un commento su quello che è successo nell'ultima settimana sulla Statale 36 tra Lecco e Colico, uno parte tutto compreso nel ruolo del bravo direttore che coglie la complessità del problema e sposa la giusta denuncia per le difficoltà generate dal blocco di un'arteria vitale per il Lecchese, la Valtellina e l'alto Comasco con una ponderata attenzione agli sforzi congiunti degli enti preposti volti a una fattiva soluzione delle plurime criticità e bla bla bla… ma poi, visto che chi scrive, purtroppo, non è un giornalista frou frou con la banalità sempre innestata su twitter quanto invece un bifolco venuto giù con la piena del Gerenzone, a sentire l'impudenza di certi politici di serie Z e l'intollerabile silenzio di qualche premio Nobel dell'Anas gli verrebbe una gran voglia di andarli a cercare col forcone.
La chiusura improvvisa della superstrada non è un problema. Non è una cosa grave. E non è neppure una sciagura che sta costando milioni di danni alle nostre aziende, riservando giornate d'inferno ai pendolari e mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro. E' semplicemente una roba che fa schifo. Lo specchio di un paese ridicolo che sta velocemente meritandosi la fine che farà nel giro di pochi anni: perché è questo ciò che accade nelle nazioni culturalmente sottosviluppate, con una coscienza civica da terzo mondo e con una classe politica e di funzionari pubblici di cui c'è sempre più motivo di vergognarsi.
Demagogia? Populismo? Giornalismo da arruffapopoli per vendere qualche copia in più? Può darsi, ma chiunque abbia avuto la sventura di trovarsi prigioniero nelle code sudamericane sulla 36 e abbia visto le colonne di camion incastrarsi nelle curve del lungolago e abbia provato a metterci un'ora per fare un chilometro e parlato con gli imprenditori disperati e osservato i turisti stranieri ammirare questo spettacolo neorealista con il tipico stupore riservato all'Uomo di Giava o di Cro-Magnon, ha capito che quando le chiacchiere da buvette sono finite, poi resta solo la dura realtà. La realtà effettuale. E che questo scandalo non solo viabilistico la dice più lunga di mille comizi, promesse elettorali e intervistone di statisti da quattro soldi.
Bene, all'improvviso, in una sera di primavera, un qualche scienziato si è accorto che una galleria rischia di franare. Nessuno lo sapeva. Nessuno ha controllato o ha controllato senza accorgersene o se ne è accorto e ha sottovaluto o non ha sottovalutato ed è stato zitto. Dov'è il responsabile? Come si chiama? Che faccia ha? Come si giustifica? E il progetto originario è stato realizzato rispettando tutti i canoni geologici e costruttivi prestabiliti? E tutti i ruoli di comando al ministero, in Regione e all'Anas hanno compiuto il proprio dovere con professionalità e trasparenza? E se sì, come mai, da un giorno all'altro, ci si è accorti che veniva giù tutto? E, soprattutto, perché nessuno parla? Che cosa significa questo silenzio?
Certo, quando c'è da tagliare nastri e comiziare sulle magnifiche sorti e progressive dei nostri territori allineati e coesi verso uno splendido futuro di progresso, sviluppo e felicità sono tutti lì accalcati e ministri e sottosegretarie e vassalli e valvassori e valvassini e vice responsabili delle eventuali e varie e vicari della macchinetta del caffè e imberbi consiglieri di circoscrizione di cui si dice un gran bene e tutte le salmerie al seguito. Poi, quando succedono i disastri, scompaiono tutti. Assordanti silenzi. Comunicati minimalisti. Pause di riflessione. Mostruosi, fantozziani scaricabarile, perché in questa repubblica delle banane è sempre colpa di qualcun altro. Che pena.
E' in momenti come questo che si dimostra in maniera plastica il vuoto pneumatico della nostra politica e ci si accorge di quanto i nostri rappresentanti si rivelino del tutto inutili di fronte alle vere priorità del territorio. Niente. Niente di niente. Solo chiacchiere e distintivo. Quelli di destra troppo impegnati a coprirsi di ridicolo con macchiettistiche marce sui palazzi di giustizia che in qualsiasi altro paese del mondo li costringerebbero a nascondersi in cantina per la vergogna, quelli di sinistra troppo impegnati a coprirsi di ridicolo con i loro concertoni della festa del lavoro che mentre il mondo va a mille all'ora sono ancora lì con le loro parate veterosindacali da Unione Sovietica, quelli “nuovi” troppo impegnati a coprirsi di ridicolo con il loro talebanismo stile Dianetics. Tutti gli altri, invece, in coda sulla 36.
E noi perché li abbiamo votati questi qui negli ultimi trent'anni? Perché? Non c'era proprio niente di meglio? E' questo ciò che è capace di produrre la nostra coscienza di cittadini ed elettori? Solo mediocri, traffichini e incapaci? Non potevamo mandare qualcosa di diverso nei palazzi? E non potevamo, noi dei media, controllare meglio le inadeguatezze di chi comanda? C'è tanta colpa nostra in questo disastro stradale. Tanta delega in bianco, tanta voglia di accapigliarsi sui complotti giudiziari pro o contro Berlusconi e pochissima di lavorare sulle cose che contano veramente per la nostra terra. Questa è la cosa più triste. E la più grave. Ogni cosa è colpa nostra, basta una strada chiusa per ricordarcelo.
Diego Minonzio
© RIPRODUZIONE RISERVATA