Una cialtronata su Twitter resta pur sempre una cialtronata. Anche se la scrive un tipo serioso e studiato come Enrico Letta. Bisognerà che prima o poi ci rassegniamo tutti quanti: la tecnologia può correre a mille all'ora zigzagando tra le profezie visionarie di Jobs e Zuckerberg, ma il problema vero è che la nostra filosofia di vita rimane sempre quella del Conte Mascetti di Tognazzi e del Nando Mericoni di Sordi. Straparlare su tutto e non combinare mai niente. Altro che nuove frontiere…L'eliminazione del finanziamento pubblico dei partiti – annunciato dal premier sul più interessante, ma anche il più snobistico dei nuovi mezzi di comunicazione - è la classica trovata demagogica di un governo già alla canna del gas. Fa tanta scena. La si può spendere in qualche talk show infestato da gente che urla e si dispera per propinarle fervorini moralistici con il ditino alzato. La si può pure sbatacchiare in coppia - un po' come i capponi di Renzo - con l'altra genialata dell'abolizione più o meno fittizia dell'Imu, perfetto espediente da campagna elettorale che liscia il pelo al ventre più molle dell'elettorato più sprovveduto senza incidere neanche di un millimetro sui veri problemi che stanno portando a fondo questo povero paese. Ma poi, finiti i titoli di coda e passati i fumi dell'ubriacatura giacobina, ci si rende conto che è tutta una finzione scenica. Una presa in giro. Uno spettacolino di ombre cinesi per trascinare noi poveri gonzi verso l'ennesimo tritacarne elettoralistico. Certo, le schifezze dei Lusi, dei Fiorito e di tutto quel mondo ignobile fatto di collusioni, strizzatine d'occhi, familismo amorale, corti satrapesche, spreco e sfregio del denaro pubblico sono talmente vergognose da giustificare in toto il carico di disprezzo che gli italiani riservano ai politici in quanto tali. E anche il ricordo di come il referendum di vent'anni fa, che a torto o a ragione aveva stabilito l'eliminazione del finanziamento, sia stato raggirato dai mestieranti del palazzo non fa altro che rendere ancora più intollerabile il pensiero che un solo euro nostro finisca nelle mani di certi ceffi da galera. Ma non si governa sull'onda delle emozioni o delle reazioni di pancia. Noi nullità possiamo permettercele. Loro austeri governanti - che dovrebbero essere meglio di noi, non il nostro specchio deformato - no. Non esistono paesi europei, tolta la Svizzera, che non prevedano forme di finanziamento pubblico dei partiti. Perché non ha senso, perché non è giusto e perché non c'è nulla di peggio che delegare solo a chi ha i soldi o solo a chi ha le relazioni per poterseli procurare la gestione della cosa pubblica. E' una semplice questione di fondamenta della democrazia. Il problema non sono i danari, ma chi li gestisce. Tanto è vero che in Germania – paese guida non solo del calcio e dell'economia, ma anche della corretta fisiologia della politica – i partiti sono finanziati dallo Stato ma gli scandali accadono di rado e comunque chi viene beccato a farsi aiutare in modo illecito o a spendere in modo improprio il denaro pubblico prima si dimette e poi ne risponde alla giustizia. Qui, invece, ce n'è uno che non sa, uno che non vede, un altro che non sente, un altro ancora che si fa prescrivere, quell'altro infine che sbraita che è tutto un complotto delle toghe rosse e in men che non si dica si torna all'eterno teatrino dell'italietta senza arte né parte. Dopo tutto, cosa ci si può aspettare da un paese dove non esiste uno juventino su nove milioni che non sia certo e stracerto che i suoi scudetti siano 31 e non c'è un interista su sei milioni che non sia certo e stracerto che il passaporto di Recoba fosse in regola e non c'è un milanista su cinque milioni che non sia certo e stracerto che le lampadine di Marsiglia fossero tutte bruciate? Se si ragiona così con il calcio, autobiografia della nazione, figurarsi con la politica… Crediamo davvero che la furia iconoclasta scatenatasi contro i soldi ai partiti garantirà un futuro di morigeratezza, trasparenza e coccole aulenti al nostro Parlamento? E che ci penseremo noi cittadini probi e onesti e tutti compresi nel nostro ruolo di sentinelle della verità e della legge a dare corpo alla più limpida democrazia che si sia mai vista e praticata? E' sufficiente ripensare a come hanno blaterato per mesi Grillo e Renzi sul tema e come sia invece bastata una bella inchiesta della Gabanelli (perché ogni tanto – incredibile - c'è pure un giornalista che sa ancora fare il suo mestiere!) per trovare silenzi, sbianchettamenti e omissioni e per capire che nella notte della propaganda tutti i gatti sono più bigi di quel che si sbandiera in giro. E' un po' la stessa cosa di quando ai tempi d'oro del Pci c'erano dei militanti che credevano veramente che tutta quella smisurata, polipesca ed elefantiaca struttura di potere politico, cooperativistico e culturale fosse finanziata dalle salamelle, dalla piadine e dall'eroica (senza alcuna ironia) dedizione dei volontari dei Festival dell'Unità. Comico. La politica costa. I soldi servono. Tutti debbono potervi accedere. Punto. Le tecnicalità di una nuova legge che garantisca erogazione adeguata e controlli ferrei non possono che essere stilate da esperti e a loro va quindi lasciata la parola sulla scorta di tanti e ottimi esempi esteri. L'unica lezione che invece ci può venire da questa vicenda è che bisogna sempre diffidare di quelli che offrono ricette palingenetiche, perché queste sono inapplicabili o false. Il sistema del finanziamento pubblico dei partiti è marcio perché è il paese a essere marcio. Questo è il punto su cui dobbiamo lavorare: sulla qualità, la serietà e la competenza dei nostri rappresentanti, altrimenti questi qui un modo o l'altro per fregarci i soldi dalle tasche e riempirsi le loro lo troveranno sempre. E ce lo nasconderanno con un tweet. [email protected]