È questo il messaggio che sul Lario come in Italia hanno voluto lanciare gli elettori. Quelli “attivi” che si sono recati ai seggi e quelli “passivi” che sono rimasti a casa e continuano, in maniera crescente a rappresentare il primo partito italiano.
Se la politica non riuscirà seriamente a riformarsi, questo partito diventerà ancora più forte. E le istituzioni più delegittimate. Sarebbe il caso che qualcuno si ponesse il problema. Perché una volta che i grillini sono sbarcati in Parlamento, l'antipolitica si è allontanata del tutto, forse in maniera definitiva, da schede e cabine. Vero che i test locali tendono a premiare i partiti storici più che non i movimenti più giovani. Ma la corrispondenza tra il crollo dei 5 stelle rispetto a febbraio e l'incremento dei non votanti non è puramente causale.
Oltre all'astensione record, minore sul Lario rispetto a realtà come Roma ma anche la nordica Sondrio, il voto della primavera sbagliata ha punito in gran parte chi governava. Nei centri della provincia di Como in cui si è votato ci sono stati una serie di ribaltoni. Dove governava il centrodestra, vedi Cernobbio, Mozzate e Lambrugo ha prevalso il centrosinistra. Altri municipi di centrosinistra hanno cambia bandieria. Sono caduti personaggi noti della politica locale come Ivano Polledrotti a Sorico e Pietro Cinquesanti, assessore provinciale per due lusti che a Montorfano è arrivato addirittura terzo dietro i due candidati che avendo ottenuto lo stesso numero di consensi, torneranno a incrociare le schede fra due settimane.
Anche dalle nostre parti i grillini sono rimasti a boccia asciutta.
Questi ribaltoni che hanno riguardato in maniera indistinta la destra come la sinistra potrebbero confermare la celebre massima di Deng Xiao Ping sulla irrilevanza del colore del gatto se quest'ultimo cattura comunque i topi.
L'esito elettorale nel Comasco e in Italia però farebbe pensare che questi sindaci siano stati poco felini e che di topi non ne abbiano acchiappati. La realtà potrebbe essere diversa.
Sui sindaci e sulle amministrazioni uscente si è abbattuta innanzitutto l'effetto della crisi. Quando tocca fare un altro buco sulla cintola, la gente tende a cambiare il governo uscente a qualunque livello, sperando, spesso in maniera vana (un altro elemento che alimenti l'astensione) che il successivo possa migliorare le cose.
E poi sui partiti e gli amministratori alla guida dei Comuni ha pesato l'obbligo di imporre spesso nuovi balzelli e aumenti tariffari per mantenere gli stessi servizi. Colpa del taglio dei trasferimenti da parte dello Stato, ma anche del distorto patto di stabilità che penalizza di più i Municipi virtuosi e congela importanti risorse che potrebbero essere utilizzate.
Anche in questo caso, dove però c'è di mezzo l'Europa, bisognerebbe avviare un riflessione. Altrimenti fare il sindaco sarà sempre più difficile.
Francesco Angelini
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