La moda, un affare (e un talento) che Como e la Svizzera possono, e forse devono, portare avanti insieme. Ma anche se è una collaborazione - non una guerra - sarebbe giusto agire ad armi pari Così la nascita di una scuola dedicata alla formazione in questo settore appena oltre la porta di casa non deve spaventare. Hanno ragione persone autorevoli come il professor Enrico Lironi, che da tempo credono nel “confine lieve” (per rubare un’espressione allo scrittore Giuseppe Battarino) e lo praticano. Del resto, si tratta di una frontiera davvero impercettibile per le vite di comaschi e svizzeri. Se si paragonano però i due mondi e le loro istituzioni, soprattutto nelle differenti regole e nel rispetto di queste ultime, la sensazione cambia radicalmente. Per questo motivo può colpire - e magari far storcere il naso - che di specializzazione per la moda si parli oltre il confine, visto che Como è il centro di questo universo. Ma significa tenere gli occhi un po’ troppo puntati sul proprio orticello e non essersi resi conto di quanto si sia sviluppato questo settore - spiegano gli esperti - distribuendo le competenze tra i due fronti. Qui resta al sicuro la fonte; oltre confine il fiume scorre assumendo altri volti e portando a naturale compimento l’indiscussa creatività di casa nostra. Resta un fatto, una vera ragione per cui avvertire disagio. La mobilitazione che si registra attorno al progetto di questa scuola. Investimenti di decine di milioni di euro che ridisegneranno l’area vicino alla stazione ferroviaria e offriranno alloggi (anche per gli studenti) e negozi. I media elvetici assicurano che un simile progetto diventerà realtà nel giro di due anni. Così come la scuola per il 2017 sarà iniziata a tutti gli effetti. E bisogna ammettere, magari un poco seccati, che se lo dicono gli svizzeri, significa che così sarà. Ecco perché un po’ di irritazione è d’obbligo. In Italia, valgono i principi della fisica a metà: a ogni nuova azione corrisponde una reazione non uguale, ma sicuramente contraria. E da quando si mette in cantiere un’opera (pubblica, ma anche privata che deve bussare per autorizzazioni e pratiche varie) a quando la si vede diventare realtà, devono passare varie ere geologiche. Difatti, spesso i progetti rimangono congelati. Ecco perché la nuova scuola a Chiasso e soprattutto ciò che fiorirà attorno a essa può farci del bene. Abbandonata l’irritazione di cui sopra, può stimolarci piuttosto a un sano orgoglio. E riesce a trasportarci magari con ulteriore convinzione in Regione a punzecchiare in modo ugualmente positivo. Ad esempio, sul fronte campus di San Martino per cui occorrono 50 milioni. Sventolare questa notizia a Milano può servire a far sì che il Governo lombardo si senta chiamato in causa con maggiore forza. Già, può essere uno strumento in più per persuadere Roberto Maroni, da sempre sensibile al modello svizzero. Quel modello che, ci ripetiamo da una vita, dobbiamo essere capaci di copiare, senza diventare sterili imitatori, perché abbiamo il nostro talento, i nostri punti di forza. Non è male prendere il meglio dai vicini, così come loro sanno attrarre le nostre energie più interessanti: purtroppo, tra queste rientrano anche le aziende. Armi pari: forse è un sogno o un traguardo lontano, come la zona franca della burocrazia che Como chiede a gran voce. Ma questa è una carta da giocare, subito. Prima che trascorrano altre ere geologiche.
Marilena Lualdi