Mettiamola così, con un paragone che al Nord si capisce al volo: anche la Lega in questo giro di Elezioni Amministrative ha subito un bel tracollo, da Treviso a Vicenza, segno che il suo stellone non brilla più come una volta. Ma è un partito che guida pur sempre tre Regioni, e per vent'anni ha detto la sua nel governo del paese, interpretando a suo modo l'antipolitica, l'odio per Roma ladrona, le esigenze del territorio e “la pancia” della gente. Ma Beppe Grillo, invece? La rivoluzione via Web del suo Movimento Cinque Stelle, il non-partito di non-politici che avrebbe dovuto aprire come una scatola di tonno il mondo marcio della politica, è già defunta al secondo giro di valzer, scaricata dagli elettori che hanno più che dimezzato i consensi. Dallo tsunami alle macerie rimaste sulla spiaggia. Di più: sulla Rete, la mitica tana del Movimento, dove i grillini si ritirano ogni volta che devono risolvere qualche loro grana, è partita una contestazione contro il Grillo e i vertici di M5S impensabile solo un mese fa: perdiamo perché non andiamo in tv, perché non facciamo politica, perché litighiamo per gli scontrini… E una bella dose di “Beppe vaffa a te”. Come un partito qualsiasi quando perde, insomma, con tanto di commenti autoconsolatori tipo “lo zoccolo duro da cui ripartire” e il “calo non drammatico”. Com'è potuto succedere? Le cause sono molte. C'è chi ha subito notato che quello delle Comunali è un voto “concreto” e i cittadini badano a scegliere amministratori esperti. Ma non è poi così vero: pochi mesi fa i grillini avevano trionfato da Parma alla Sicilia. Senz'altro invece ha pesato il disincanto per un movimento che si è presentato con molta presunzione, ma finora in Parlamento ha inanellato solo figure barbine, dimostrando che tra il dire e il fare c'è di mezzo un oceano di capacità di azione politica: non bastano comizi e proclami sul blog. Paradossalmente, un'altra causa delle difficoltà grilline è proprio la Rete, quello che finora si è detto essere il punto di forza. Il governo in diretta streaming e tramite democrazia del clic sognato da Grillo non solo non esiste nella realtà, ma soprattutto è destinato a trasformarsi in un “bar sport” incontrollabile, dove passare dall'osanna al “vaffa” è questione di un minuto, di un umore della base che cambia. Grillo è stato abile ieri a smussare gli spigoli: “Non diamo la colpa ai giornalisti o ai talk show, per favore – ha scritto sul suo blog – Possono aver inciso, ma non più di tanto”. Ma intanto medita il ritiorno in tv. La protesta è un'onda che si può sollevare, che sui può ingrossare, ma non cavalcare per sempre. Si rompe, si divide. Diventa inutile. E' capitato tante volte, ma ciò che sta succedendo ai Cinque Stelle ha una caratteristica nuova: la velocità internettiana, “virtuale” del fenomeno. E questo testimonia il vero problema del movimento di Grillo: la sua superficialità, la mancanza di idee e cultura politica. E di un radicamento vero, finora camuffato dalla balla del “popolo del Web”: tranne poi scoprire che il “popolo” che voleva eleggere Milena Gabbanelli al Quirinale erano in totale poco più di quattromila persone: una dozzina di sezioni del Pd in Emilia-Romagna… Esiste ancora una differenza, tra la politica reale e il suo riflesso mediatico. Non basta dire che “esistono due Italie”, quella che “vive di politica” e quella dei “lavoratori autonomi, cassintegrati, precari” per rappresentarla davvero. Ma non è nemmeno detto che al prossimo giro, magari alle Elezioni Europee l'anno prossimo, i grillini non si prendano una rivincita: quello è il tipico voto di protesta, e ci sarà una feroce campagna anti-euro, eccetera. Ma, appunto: sarà una cosa. E' la realtà che stanca.