Verrebbe da gridare: “A coso facce ‘na polemica”. Mai vista a Como, da quando il sindaco è eletto direttamente dai cittadini, una campagna elettorale con i toni così bassi, con dosi robuste di politically correct, di duelli verbali tra i candidati all’insegna del fair play. Un pre voto (ormai manca poco più di un mese), confessiamolo, un po’ noiosetto. Conosciamo già l’obiezione: ecco, i soliti giornalisti che se non vedono due accapigliarsi non si divertono, salvo poi impugnare la penna e attaccare al muro questi politici rissosi e privi di contenuti. Alla fine, però, anche a voi lettori e cittadini una certa verve non dispiace. Ricordate quei confronti tra Berlusconi e Prodi di alcuni anni fa, con la par condicio e i timori per l’esuberanza mediatica del Cavaliere che avevano trasformato i due contendenti in mummie parlanti? Ci fu un picco di ricoveri nei pronti soccorsi per slogature di mascelle provocati dagli sbadigli.
Certo, la creatività, tra gadget, pizze e camminate non manca. Ma in ogni minestra qualche granello di sale ci va, altrimenti il gusto non ci guadagna. Viene da chiedersi perché in città sia venuta fuori questa campagna da dieta per ipertesi. Ci si aspettava qualche botto, almeno da Alessandro Rapinese, che sembra aver svuotato de tutto l’arsenale nei cinque infuocati anni di interventi in consiglio comunale. Ma, con ogni probabilità e in attesa di smentita, il candidato della civica che porta il suo nome si sente favorito. E si sa che non è la volpe a far rumore, caso mai i cani che la inseguono (sia detto con rispetto per gli altri concorrenti). Forse, in mancanza di uno straccio di sondaggio che getti qualche raggio di luce sull’elezione più oscura (in quanto a previsioni) del secolo in città, anche l’alfiere del centrodestra, Mario Landriscina, pensa di essere avanti perciò continua la sua marcia tranquilla senza cambiare passo. Non a caso qualche acuto lo si avverte dalle parti di Maurizio Traglio, candidato del centrosinistra, se non altro attraverso comunicati che trasudano gocce di veleno. Del resto, l’imprenditore non ha certo il phisique du role di un vociante Masaniello. E non è certo un male. Anche Bruno Magatti, civico ed assessore uscente qualche calcetto negli stinchi lo sta piazzando, meno, a sorpresa, il pentastellato Fabio Aleotti, mentre da sinistra Celeste Grossi mantiene il suo stile orientato sui contenuti.
Che i decibel di una campagna elettorale si misurino attraverso la percezione del proprio posizionamento nella corsa lo si desume da quanto sta accadendo a Erba. Qui la scissione tra i due centrodestra, quello tradizionale con candidata sindaco Veronica Airoldi, e quello “tiliano” (da Marcella Tili sindaco uscente) che propone Claudio Ghislanzoni continua a far scaturire scintille: l’ultima il niet per la propaganda al parco Maioni. E c’è da essere certi che anche gli altri candidati, Enrico Ghioni del centrosinistra ed Elisa Quattrone dei Cinque Stelle tenteranno di fare la parte del terzo che gode tra i due litiganti.
Anche su Cantù sembra essere calata la sordina, dopo l’uscita di scena del pirotecnico sindaco Claudio Bizzozero.
Il mare della tranquillità su cui sembra navigare gran parte della campagna elettorale potrebbe comunque tornare utile ai cittadini per concentrarsi sui programmi. Anche se, in politica vale sempre di più la celebre massima di McLuhan per cui il “medium è il messaggio”. E il medium, in questo caso, è il candidato. Dalla sua capacità di “bucare”, senza per questo dover alzare la voce o farsi ingrossare le vene del collo, dipende molto spesso la percezione di quanto si comunica.
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