Adesso a Renzi
servirebbe un Ulivo

Pare che una delle canzoni più in voga ad Arcore (la accennerebbe persino Dudù) sia “meno male che il Pd c’è” variante del celeberrimo inno “meno male che Silvio c’è”.

Sarà forse una lettura superficiale ma ancora una volta il Cavaliere messo all’angolo dalle vicende giudiziarie e anche politiche (lo strappo di Alfano è una faccenda epocale considerate le usanze dell’ex caserma delle libertà) viene riportato al centro del gioco da un esponente della principale forza politica avversaria. Una stori a che si ripete, una sorta di Sindrome da Stoccolma da cui il centrosinistra non riesce a guarire. Certo, in un paese normale ci sta che il leader della maggioranza concordi con quello dell’opposizione il percorso per la riforma. Ma l’Italia non rientra nel novero delle nazioni “ordinarie”, basterebbero le cronache politiche e non di questi giorni per dimostrarlo. Fatto sta che Berlusconi, abilissimo a girare la frittata dalla sua parte, subito dopo aver stretto l’accordo con Renzi per la soglia del 37% utile a ottenere il premio di maggioranza, si sia affrettato a riaprire la porta della sua coalizione a Pierfurby Casini, il quale non attendeva altro dopo aver preso atto che il suo centro vagheggiato è pura utopia. Ecco allora sondaggi alla mano, che il centrodestra di Berlusconi, se si votasse domani, potrebbe arrivare al governo del paese.

La questione non è solo numerica. Perché ad oggi se c’è una coalizione che può presentarsi coesa e rappresentare in politica un blocco sociale più o meno omogeneo è quella del centrodestra (ex Pdl più Lega). Dall’altra parte del cielo della politica, ad di là delle scalmane riformiste di Renzi, regna la confusione. Per competere con il Cavaliere & C, infatti, il segretario del Pd dovrebbe mettere assieme Sel, pezzi di sinistra sparpagliati qua e là e scampoli di centro orfani di Casini. Ammesso e non concesso che possa riuscirci (il sindaco di Firenze a oggi è figura che divide più che unire, esattamente il contrario di Berlusconi), ne verrebbe fuori un’altra armata Brancaleone non dissimile da quell’Unione pletorica, prolissa e litigiosa che si schiantò durante il secondo governo guidato da Romano Prodi, ancora una volta a beneficio di Berlusconi anche al di là della presunta compravendita di senatori al centro di un’inchiesta giudiziaria.

Insomma se Renzi vuole avere qualche chance di vincere le elezioni e riuscire a governare il Paese imprimendo davvero una svolta, deve essere in grado di costruire un progetto politico in cui si possano riconoscere varie forze di centrosinistra e non solo. Qualcosa di simile a quello che in parte è stato ma soprattutto avrebbe dovuto essere l’Ulivo con cui Prodi vinse le elezioni del 1996 e riuscì per due anni a guidare l’Italia portandola nell’euro. Un progetto in grado di andare oltre i partiti per coinvolgere i cittadini e la società civile. Forse proprio per questo, l’Ulivo originario, fu soffocato dai partiti che temettero di perdere la propria centralità. Con tutto quello che seguì per il centrosinistra e non solo.

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