La fragile tregua sul caso Mediaset non rassicura nessuno. E’ evidente infatti che il governo continua ad essere esposto alle convulsioni della sua maggioranza: non solo del Pdl che per il momento conferma il sostegno a Letta, ma anche del Pd che si è spaccato sulla decisione di sospendere i lavori delle Camere.
Paradossalmente sono proprio i democratici a correre i rischi maggiori: una parte del partito ha colto al balzo il voto parlamentare per mettere sotto accusa il segretario ed i capigruppo per motivi - accusano gli uomini della segreteria,
puramente precongressuali. Ma c’è malumore anche per come è stato gestito un passaggio così delicato: 70 senatori, pur difendendo la decisione, rimproverano al gruppo dirigente il fatto che sia apparsa come un autogol, quasi una collusione con la linea dei berlusconiani.
Tutto ciò dimostra due cose: che non è facile tenere distinti i problemi giudiziari del Cavaliere da quelli politici delle larghe intese e che la partita sulla futura guida del Pd si sta pericolosamente sovrapponendo a quella governativa. Una miscela potenzialmente esplosiva contro la quale il minimalismo del premier non sembra costituire un argine sufficiente. Questo è il motivo per cui Epifani è uscito allo scoperto chiedendo un chiarimento ad un centrodestra ’’schizofrenico’’: dica una volta per tutte che il destino del governo non può dipendere da quello giudiziario del suo leader. O non si va avanti. Per la verità la risposta c’è già stata: quando Renato Schifani dice che se Berlusconi verrà interdetto il Pdl lascerà giocoforza il governo, in qualche modo spiega il vero problema politico. Questo: il partito senza Berlusconi non esiste. Addirittura secondo la sottosegreteria Biancofiore il Cavaliere avrebbe già in mano le dimissioni in bianco di tutti i suoi parlamentari. A questo punto dovrà decidere che cosa farne.
Un fatto molto grave e, se confermato, senza precedenti. Già è anomalo, infatti, che un grande partito moderato e di massa in tanti anni di governo e di opposizione non abbia individuato una linea di successione al leader carismatico; ma a ben vedere è anche inquietante che un’intera classe politica si dichiari impotente e ’’acefala’’ (per usare le parole di Schifani) senza Berlusconi quasi che il destino di milioni di elettori sia legato a priori alle sorti di una sola persona. Dunque il chiarimento invocato da Epifani, e sostenuto anche da Scelta civica , sembra difficile da ottenere. Per ora i capigruppo del Pd e quelli del Pdl sono uniti solo su un punto: contrastare quella parte della sinistra che lavora contro le larghe intese o - secondo il lessico berlusconiano - la ’’pacificazione’’.
Berlusconi si rende conto di non poter ottenere molto di più dagli alleati, dal premier e dal capo dello Stato. Può solo contrastare quello che Renato Brunetta definisce il ’’cannibalismo tribale’’ di Beppe Grillo e attendere gli eventi . Capisce però che il volo dei falchi della destra deve essere tenuto sotto controllo: perciò scarica le tensioni interne al Pdl sul governo. Su Imu e Iva si dovrà procedere secondo gli accordi, con i tagli previsti.
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