Non abbiamo alcun bisogno di cacciatori di taglie, ma di cittadini che considerino naturale collaborare con le forze di polizia per assicurare alla giustizia un assassino.
L’iniziativa lanciata dal titolare di un Compro Oro di Castellanza, il quale ha offerto 50mila euro per la cattura dell’assassino di Maria Angela Granomelli, brutalmente ammazzata nella sua gioielleria di Saronno il primo sabato di agosto, non ha nulla di lodevole. Non già per lo spirito (la volontà, ha spiegato l’imprenditore, di sostenere il lavoro degli inquirenti), ma per il messaggio che sottende la “taglia”. Collaborare con le forze di polizia è un dovere morale e anche di legge. E non può essere in alcun modo barattato con una ricompensa personale diversa dall’aver contribuito a far giustizia su un omicidio.
L’idea di un guadagno in denaro per aver dato una mano a risolvere un’inchiesta su un delitto come quello di Saronno o - peggio ancora - per aver «consegnato l’individuo ritratto nella fotografia» delle telecamere di sicurezza della gioielleria teatro dell’assassinio «alle forze dell’ordine» (come improvvidamente auspicato dal titolare del Compro Oro ideatore della taglia) riporta la mente e i calendari indietro di oltre un secolo, quando negli Stati Uniti quella del cacciatore di taglie era una professione particolarmente redditizia. E lo era perché la legge veniva infranta con imbarazzante frequenza e perché gli uomini incaricati di farla rispettare o erano pochi o avevano altro cui pensare.
I tempi - per fortuna - sono cambiati. E non si sente alcun bisogno di ripiombare in quel medioevo fatto di ritratti accompagnati dalla scritta “wanted dead or alive”, buoni per un film di Sergio Leone, non certo per offrire il conforto della giustizia ai familiari e agli amici di Maria Angela Granomelli.
Già nei giorni scorsi, a commento della notizia sulle difficoltà incontrate da carabinieri e Procura nella caccia al killer di Saronno, sul sito de La Provincia era comparso un commento che ventilava l’idea di una premio in denaro a chi avesse fornito notizie utili alla cattura. Pochi minuti dopo, l’intervento di un lettore rimetteva le cose a posto, facendo notare come non dovrebbe servire la promessa di denaro per stimolare le persone a collaborare. Soprattutto in un caso come questo. Il nocciolo della questione sta tutto qui. Facciamo parte di una società che, imperfetta quanto si vuole, ha delegato a figure professionalmente preparate il compito di arrestare, accusare e condannare. Noi cittadini, con queste figure, dobbiamo collaborare. E il «dobbiamo» non è un verbo casuale, perché al di là di un obbligo morale a far in modo che un assassino venga arrestato - obbligo morale che suona stucchevole dover ricordare - esistono anche norme che impongono a tutti di collaborare con la giustizia.
Quei cinquantamila euro di taglia, in ogni caso, alla fine non serviranno. E non andranno in tasca a nessuno.
Il giorno in cui - e lo dimostrano le numerose telefonate giunte in queste settimane al numero verde voluto dagli inquirenti e destinato ai possibili testimoni- qualcuno avrà anche solo il sospetto che quel passante, quel vicino di casa, quel collega di lavoro possa essere l’assassino di Maria Angela, chiamerà i carabinieri infischiandosene della taglia. Ma solo perché è giusto così. E perché il far west è e deve restare nient’altro che un genere cinematografico.
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