La sola idea che al Volta, storica fucina della classe dirigente locale, potesse nascere un liceo scientifico, sino a qualche anno fa, sarebbe stata una sorta di eresia. La cultura con la maiuscola, allora, non ammetteva contaminazioni. E c’era, avvertibile a chiunque, la tendenza a considerare il resto del mondo con una certa supponenza. Il tempio del sapere oltre il portone di via Cesare Cantù, tutti gli altri fuori.
Oggi il mondo è cambiato e la scuola nel suo complesso, pur con ritardi e grandi contraddizioni, non può più chiamarsi fuori. Chi si ferma è perduto, chi pensa di basare il proprio futuro sugli allori del passato ha la sorte segnata. Una regola che vale per tutti, ancora di più per un indirizzo di studi, il liceo classico, in difficoltà di suo.
E allora che fare? Prima cosa guardare a come si sono mossi gli altri. Il Setificio rischiava di scomparire, mancavano gli iscritti, eppure con passione e buone idee, oltre che generosi investimenti, in cinque anni è riuscito a risollevare le sue sorti.
Ora è un punto di riferimento per tutte le scuole del Comasco. Si tratta di un polo di eccellenza, tale anche perché ha saputo ammodernarsi proponendo un modello formativo capace di mettersi in sintonia con il mercato del lavoro.
Il Volta ora, suo malgrado, è nella stessa situazione già capitata al Setificio. Da tempo lo storico istituto è in crisi, gli iscritti sono andati via via calando negli anni tanto da mettere a serio rischio la stessa autonomia della scuola. Una circostanza oggettivamente impensabile soltanto qualche tempo fa. Ora non sarà semplice ribaltare la tendenza che pare essere quella di un inesorabile declino.
Ma non c’è tempo da perdere. Occorre tentare di sperimentare nuove strade nonostante il contesto operativo sia per i dirigenti scolastici sempre più complicato: la riforma della scuola ha spuntato loro le armi, le ore curricolari assegnate sono poche e chi deve decidere latita da anni.
Serve dare al Volta una spinta, che arrivi da dentro e da fuori. Da dentro, con docenti innovativi e un preside capace, anche se al momento a metà servizio perché reggente, di aprire le porte dell’istituzione. Senza disdegnare un aiuto, senza allontanarsi con altezzosità da enti, associazioni, tavoli che potrebbero essere utili alla causa.
Da fuori, anzitutto dalla Provincia, ente a capo di tutte le scuole secondarie di secondo grado, che deve decidere dopo anni di assenza. Decidere come incastrare il mosaico complesso dell’offerta formativa comasca, prima che sia troppo tardi, ma senza nuocere a nessuno. Ma anche dall’ufficio scolastico regionale, dal Pirellone e dal ministero dell’istruzione, perché per non far morire l’antico liceo comasco le soluzioni possono essere diverse a patto che non si rinunci a prescindere a qualche investimento.
Possibile che si debba escludere ad esempio il progetto dell’artistico di fronte all’impossibilità di attrezzare la scuola nel modo migliore e soprattutto di disporre dell’opportuno organico aggiuntivo?
La strada, certo stretta, non può in ogni caso essere quella di distruggere gli equilibri di altre scuole, conquistati con fatica, investimenti e sudore. Serve un progetto generale per il bene di tutti, le scorciatoie alla lunga non fanno il gioco di nessuno.
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