Bello il progetto sul campus, ma anche Villa Olmo ha il suo perché. Banalizzare i concetti, a volte, è estremamente utile. La chiusura del bando della Fondazione Cariplo ha segnato un primo passaggio importante per Como.
In lizza sono rimasti due grandi progetti (il campus universitario all’ex San Martino e la “nuova” Villa Olmo, appunto), oltre a vari outsider: la Ca’ d’Industria (ristrutturazione), l’incubatore d’impresa a Lariofiere (Erba), il recupero di villa Candiani (comparto Licinium, Erba), della casa di riposo “Garibaldi Pogliani” di Cantù e del centro per disabili “Don Gnocchi” di Cascina Amata, oltre al progetto di welfare civico di Cantù. Tutti progetti di grande valore e dignità, dal primo all’ultimo, che concorrono per i 7 milioni messi a disposizione del Lario dalla Fondazione Cariplo.
Ma è ormai chiaro a tutti che la sfida per la porzione più cospicua del finanziamento è ristretta a due progetti: il primo lotto del campus universitario (costo 15 milioni, sostenuto dal Tavolo della competitività e, in particolare, da Univercomo e dalle categorie economiche) e il recupero di Villa Olmo (7,2 milioni il costo finale, promosso da Comune, Provincia e Camera di Commercio).
Anche se all’inizio Villa Olmo è stata presentata come un “piano B” (nel caso in cui si inceppasse l’operazione campus), è ora evidente che entrambi puntano senza riserve ai 5 milioni del “primo premio”. Nessuna guerra dichiarata, per carità. L’intera sfida si è giocata finora in punta di fioretto, almeno in pubblico. Ma la sostanza non cambia. La partita è di quelle grosse, a maggior ragione in un periodo di vacche magre come questo, con gli enti pubblici che non sanno più come fare per tenere in piedi conti e bilanci.
Nel dettaglio il progetto di campus per il Politecnico insiste su 7mila metri quadri, suddivisi in tre padiglioni da ristrutturare nell’ex ospedale psichiatrico. Sedici aule, una grande biblioteca e laboratori per la ricerca. Questo il cuore del primo lotto, da ultimare entro il 2016, dal punto di vista didattico. Non male.
E non è male neppure il progetto per Villa Olmo. Ristrutturazione della villa neoclassica da destinare a polo espositivo permanente, recupero del parco (orto botanico, teatro all’aperto) e delle serre stile liberty al di là del ponte, con interventi anche su Villa Saporiti e il suo bel giardino, sede dell’amministrazione provinciale.
Cosa scegliere? Per la città universitaria, dopo un quarto di secolo, il campus può rappresentare davvero il punto di svolta, anche in termini di indotto. Ciò significherebbe investire sulla formazione, su una nuova classe dirigente e su un più stretto rapporto con le categorie economiche. In una parola sul futuro di Como. Ma lo stesso discorso vale per la città turistica e del terziario avanzato. Ed è proprio questa l’ottica che spinge il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio a identificare nella “Nuova Villa Olmo” il simbolo della “rinascita di Como”. Anche in questo caso con un robusto corredo di indotto.
Se fino a pochi giorni fa sembrava non esserci partita tra il gigante-campus e la piccola Villa Olmo, adesso l’impressione è che in realtà non ci sia nulla di deciso (il pronunciamento ufficiale è atteso a cavallo di fine anno). Di più. Che il baricentro si stia spostando in modo quasi impercettibile ma costante verso l’opzione “turistica”. Chissà.
Di certo non invidiamo chi sarà chiamato a pronunciarsi e a decidere quale dei due interventi debba essere considerato emblematico e di grande valore simbolico per la nostra realtà.
Si dice che l’appetito vien mangiando. Peccato che il piatto (ricco) sia uno solo. Entrambi i progetti sono validissimi. Ma a uno dei due, nella migliore delle ipotesi, rimarranno solo le briciole. In attesa di tempi migliori.
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