La musica è sempre la stessa: dai portoni e sui crocicchi spuntano torme di espertoni, pronte a dir la loro sul catrame e a discettar di miscele, sabbie, sbancamenti qualità d'asfalti e imprese, alle quali, peraltro, è un periodo che butta maluccio, se è vero, come vero, che la Procura sente odore di "cartello" (ne abbiamo scritto diffusamente ieri).
Il problema è uno soltanto. E cioè che, piaccia o meno, da tempo immemore in questa città si è smesso di asfaltare. L'ultimo lavoro completato per bene - alla Ticinese, direbbero i soliti espertoni, ai quali in genere basta fornire l'imbeccata giusta per riceverne in cambio una esauriente retrospettiva sugli asfalti d'oltre confine - risale alla fine degli anni Novanta, quando fu allargata (per modo di dire) e riasfaltata via Pasquale Paoli. Da allora gran rappezzi, grandi corse ad aggiustare bilanci e a cercar quattro lire per acquistare materiali scadenti, applicati al risparmio, grandi buche, grandi, noiosissime dissertazioni.
Qualunque buon comasco sa come funziona quando piove, tanto più che la scena è sempre la stessa, da anni: acqua a catinelle, buche in viale Lecco, arriva il camioncino della ditta che ha in gestione il minuto mantenimento del girone, ne discendono un paio di inzuppattisimi tapini che, badile alla mano, riversano un po' d'asfalto della peggior specie, quello a presa rapida (si chiama così?), che in meno di tre minuti dovrebbe asciugare (nonostante il diluvio) e rattoppare. Il problema rischia però di diventare serio. Lo testimoniano gli ultimi dati diffusi dall'amministrazione in materia di risarcimenti e coperture assicurative. Per dire: nel 2011, il Comune ha liquidato indennizzi per mezzo milioni di euro, tutti pagati per danni cagionati dal cattivo stato di manutenzione delle strade. Nel 2012 la stessa amministrazione ha già provveduto ad accantonare, per pura cautela - e come se fossero tempi di vacche grasse - la somma di ulteriori 700mila euro, una cifra obiettivamente spaventosa, specie alla luce del fatto che si tratta, non dimentichiamolo, di soldi destinati a pagare bazzecole da non più di cinquemila euro, cioè la franchigia sotto la quale la polizza, che pure il Comune stipula, non paga. In altre parole: Palazzo Cernezzi è sommerso da centinaia di cause per danni ridicoli e costosissimi, dal cerchione scassato al paraurti segnato fino all'ammortizzatore che non ammortizza più.
E allora? Non per avere sempre la risposta pronta, ma è ovvio che la domanda sorga più che spontanea: non sarebbe il caso di asfaltare meglio? Certo, il modello Ticino è inavvicinabile, e lo dimostra il fatto che, quando pochi anni fa il Cantone decise di aprire le porte dei bandi pubblici per le strade anche alle imprese italiane, qualcuno (al di là del confine) insorse sostenendo, con qualche buona ragione, che gli italiani non erano in grado di soddisfare gli standard di qualità locali.
E però qualche ideuzza in più andrebbe escogitata. Quei 700mila euro potrebbero essere impiegati per tutt'altro: asili, scuole, servizi sociali, la cui qualità, negli ultimi anni - e nonostante gli sforzi di tanti assessori che ci si sono messi comunque di buzzo buono - ha risentito spaventosamente della crisi economica. E delle troppe buche di questa città sforacchiata.
Stefano Ferrari
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