Come è difficile cambiare passo. Lo si vede nella avanzata e moderna Como e, quindi, figurarsi nei meandri dei corridoi statali e parastatali. Due notizie della città, accostate0 una all’altra, fanno pensare e anche meditare: il Comune ci mette dieci anni per chiedere il conguaglio del condono edilizio ma ci sono pratiche anche dell’85, cioè di 29 anni fa; l'altra è il rifiuto degli autisti Asf aderenti alla Cgil di vendere sui bus i biglietti agli utenti sprovvisti perché non è nel mansionario.
L’una e l’altra sono notizie di una Como e di un’Italia rimaste nel secolo scorso.
Sembra di vederle quelle pratiche ammassate polverose negli scaffali di qualche ufficio di Palazzo Cernezzi. Un migliaio di comaschi aveva chiesto nel 2003 e 2004 di mettersi in regola pagando il dovuto. Versata una cifra parziale, sono rimasti in attesa di sapere dal Comune quanto era il saldo. Passa un anno. Ne passa un altro. Cambiano i governi, i premier, i sindaci. Ma niente. Qualcuno fa in tempo a morire e non saprà mai quanto era il conto finale da versare alle casse comunali. Qualcuno ha venduto, qualcuno ha ereditato: ne succedono di cose in dieci anni.
Solo in Comune tutto sembra fermo, anche gli orologi. Finché, finalmente, si muove qualche funzionario sollecitato da un amministratore che vuole far rispettare la legge e far pagare chi deva pagare e non permettergli di fare due volte il furbo: la prima con l’abuso edilizio, la seconda non versando i soldi del condono. Ci sono voluti dieci anni.
Quanto tempo buttato via. E il Comune - che è perennemente alla ricerca di soldi - doveva solo incassare denari. Come è stato possibile? Meno male che siamo in una delle zone del Paese dove la macchina pubblica è più efficiente. Figuriamoci altrove. È un caso che dimostra quanto sia necessario nell’amministrazione statale e negli enti locali cambiare passo per dare risposte efficaci e tempestive ai cittadini.
Ci si sposta di poco ed ecco la vicenda degli autisti dei bus Asf. Come sarà noto a quanti hanno preso qualche volta un “giallo” o una corriera, la stragrande maggioranza degli utenti ha l’abbonamento e chi non lo fa acquista i carnet dei biglietti che poi usa all’occorrenza. Gli utenti saltuari sono davvero pochi: qualcuno rimasto a terra perché l’auto ha fatto i capricci e, d’estate, qualche famigliola di turisti. Per chi occasionalmente deve prendere un bus l’acquisto del biglietto rischia di diventare un’impresa. Dove è la rivendita? Se è chiusa cosa fare? Quale linea prendere? A che ora passa? Insomma, chi non è abituato a usare il mezzo pubblico non è attrezzato e non sa dove e a chi rivolgersi. Vale per chi ha un’emergenza e per i turisti che arrivano a Como magari per la prima volta.
Vogliamo dare la possibilità a questi utenti di acquistare il biglietto a bordo del bus ? Sembra di concedere un privilegio. In altre città si permette di pagare la corsa con il telefonino. Da noi siamo ancora indietro. Talmente indietro che gli autisti aderenti alla Cgil si rifiutano di vendere il biglietto a bordo. Non è nel mansionario. Pare che l’Asf abbia offerto loro anche il riconoscimento di una percentuale sui biglietti venduti. Ma niente da fare. Temono di dover staccare troppi ticket e di accumulare ritardi o di rischiare per i soldi in cassa anche se la stragrande maggioranza degli utenti ha l’abbonamento o il prepagato.
A vederla da fuori sembra una questione di principio e così non si va lontano. Davvero serve un cambio di passo e di mentalità. Perché nell’Italia dei mansionari ci rimettono sempre i cittadini.
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