Balocchi, profumi
e adesso la Cina

Si tratta di un pezzo di storia della città. I magazzini Mantovani esistevano già nel 1875 e nella storica sede di via Plinio, dal 1928, hanno accompagnato il Natale di generazioni di bambini comaschi.

Sì, perché accanto al negozio di abbigliamento al piano terreno, il nome di Mantovani, di fronte ai Portici, è stato da sempre associato ai giocattoli e ai modellini. Non era, a Como, uno dei tanti ma il negozio numero uno, poi affiancato da Scotti, quello dove i sogni potevano diventare realtà. Chi scrive conserva memoria, ad esempio, della grande vetrina riservata al Subbuteo e della scala mobile stretta stretta che si percorreva il più delle volte sino all’ultimo piano per poi gustare la discesa con calma passeggiando tra la merce esposta. Così è stato sino ai primi anni Novanta quando i proprietari si sono arresi di fronte a un mercato dove per quel tipo di attività c’era sempre minore spazio. I costi di gestione per un verso sempre più elevati e il boom della grande distribuzione hanno determinato in quegli anni la chiusura di tanti storici negozi di giocattoli. Una legge di mercato, certo, ma anche una ferita ai ricordi di tanti comaschi che hanno percepito quella chiusura come un colpo alla propria infanzia perduta. Per queste ragioni non sorprende l’eco avuta ieri dalla notizia relativa alla prossima apertura nella vecchia sede di Mantovani dello store di abbigliamento di una catena di cui è titolare un imprenditore cinese.

L’idea che quest’ultima possa insediarsi lì dove c’era il tempio dei nostri giocattoli ha suscitato commenti ora malinconici, ora sdegnati. Molti hanno interpretato la novità come il segno del presunto declino di Como, incapace di tenere viva la propria tradizione anche dal punto di vista commerciale. Può essere ma l’analisi tradisce un pregiudizio negativo sulla Cina che, oggettivamente, non ha ragion d’essere. Senza prendere come riferimento la realtà internazionale dove le grandi compagnie cinesi sono da anni protagoniste nei mercati più avanzati dal punto di vista tecnologico, è significativo guardare alla nostra realtà in cui, ad esempio, cinesi sono gli investitori che alcuni mesi fa si sono insediati alle porte di Como e hanno ridato vita a una storica tessitura in difficoltà. Qui il gruppo Jihua, oltre 4,3miliardi di euro di ricavi, ha deciso di insediare il proprio quartier generale da cui pianificare l’espansione del marchio in chiave italiana ed europea. Design, ricerca e sviluppo, ma anche marketing e strategie commerciali. Non esattamente gli elementi propri a qualificare una sconfitta del territorio. Lo stesso, anche se la scala del business è ovviamente diversa, è accaduto in città e in provincia nel campo della ristorazione dove cinesi sono stati alcuni degli investimenti più importanti degli ultimi anni. E ora la moda con l’approdo in centro di una catena già presente in moltissimi centri di tutto il Nord Italia. Una nuova iniziativa che si tradurrà, tra l’altro, in una decina di posti di lavoro e aiuterà ad aumentare il viavai nella zona pedonalizzata alcuni mesi fa.

Mantovani resterà nel cuore, ma il futuro ci chiama ad aprire i nostri orizzonti.

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