Bellezza del lago
perduta e amata

Se scegliessimo Virgilio, come fece Dante nell’Inferno, come guida per ritrovare la bellezza perduta del lungolago di Como, siamo certi che l’autore mantovano non se ne avrebbe a male, sebbene la sua città abbia conteso e strappato alla nostra il titolo di capitale della cultura lo scorso anno: fu lui, il quell’inno straordinario al paesaggio italiano, naturale e antropizzato, che è il secondo libro delle “Georgiche”, a celebrare, nell’ordine, i fiumi che lambiscono mura antiche, il mare che bagna il Bel Paese tutt’intorno e, tra i laghi, “te, Lari maxime”.

Riaffermare il valore supremo di questo panorama, attraverso la forza della poesia, della musica, delle idee creative, come faremo oggi in piazza Cavour nella maratona di reading e concerti organizzata dal nostro giornale, vuol dire riprendere e ricucire duemila anni di attenzione per la bellezza, bruscamente interrotti da muri e palizzate nell’ultimo decennio, quello occupato dall’infausto cantiere delle paratie. Proprio lì, sul lato destro della piazza guardando il lago, quello dove sarà montato il nostro palco, una targa affissa sopra l’insegna della Bnl ricorda un fatto, avvenuto 180 anni fa, e i suoi tre (anzi, quattro) protagonisti, che possono essere considerati simboli del legame imperituro, nonostante gli inciampi di questi ultimi anni, tra il Lario e quegli instancabili “cercatori di bellezza” che sono i musicisti, gli artisti e i poeti. «La città di Como - recita l’insegna di marmo - ricorda il soggiorno di Franz Liszt e Marie d’Agoult presso l’Albergo Dell’Angelo, in passato sito in questo luogo, ove nacque il 24 dicembre 1837 la figlia Cosima, poi sposa a Richard Wagner».

Non a caso, proprio una citazione di Liszt («Quando scrivete la storia di due amanti felici, ambientatela sulle rive del lago di Como... In mezzo a questa natura amica l’uomo non fa altro che prendere la sua parte di felicità universale»), è stata scelta per la quarta di copertina del recente e sontuoso volume con cui Jaca Book ha voluto raccontare il mito del Lario attraverso 450 foto dei suoi panorami, accompagnati da testi in italiano e inglese rivolti al mondo di cultori della bellezza, che continuano a ritenere il “Lake Como” un punto di riferimento. Peccato che, nelle parte dedicata alla città, gli autori (Flavio Guberti e Gabriela Jacomella) siano stati costretti a saltare da piazza Duomo al monumento di Libeskind sulla diga foranea, per non mostrare la bruttura che vi è nel mezzo.

Ma oggi non sarà solo la musica a riempire di bellezza il vuoto di piazza Cavour: ci saranno anche poeti ed esponenti del mondo dell’arte e del cinema, che, assieme a tanti rappresentanti della società civile, porteranno la loro testimonianza. Perché quella piazza è stata e deve ritornare ad essere un luogo di contemplazione dell’incanto delle acque che incontrano il cielo e i monti, con un equilibrio e una suggestione che fanno davvero del lago di Como un “luogo unico al mondo”. Sono questi gli elementi che avevano ispirato quarant’anni fa il progetto di ristrutturazione proposto da un artista come Eli Riva e di cui si trova traccia anche nelle opere e negli appunti di chi, molti anni prima, aveva avuto l’opportunità di vedere l’antico porto, che nel 1869 fu interrato per cedere il passo a quella che avrebbe dovuto, e ancora dovrebbe essere il “salotto” della città.

Nel catalogo di schizzi, disegni e acquerelli che la Tate, il complesso museale più importante del Regno Unito e tra i più visitati al mondo, ha dedicato a Joseph Mallord William Turner nel 2013 e che ora è consultabile anche online (www.tate.org.uk), una pagina è dedicata alla frequentazione che l’artista ebbe con «la piccola città che giace all’estremità sud-occidentale del lago di Como»: la nostra, per l’appunto. Un primo schizzo a matita dell’antico porto si trova nel suo quaderno di viaggio del 1819, di molto precedente al più noto acquerello del 1843, che mostra il tramonto sopra «il porto riempito di terra alla metà del diciannovesimo secolo e ridisegnato nella forma dell’attuale piazza Cavour». «Lo sguardo di Turner», nota il curatore del catalogo Nicola Moorby, è diretto «a Sud-Ovest verso gli edifici che fiancheggiano la banchina e un gran numero di barche e battelli attraccati nel bacino portuale». Un punto di vista che accredita l’ipotesi che anche l’artista inglese fosse stato ospite «all’Albergo dell’Angelo, popolare presso i visitatori stranieri della città e situato nell’angolo sud-orientale del porto». Anche «lo scrittore francese Stendhal (1783-1842», ci ricorda Morby, «aveva risieduto là nel 1802».

In tempi più recenti, la poetessa Alda Merini, scelse proprio il lungolago, con la caratteristica ringhiera e l’orologio del bar Monti sullo sfondo, per una foto ricordo con marito e due delle quattro figlie di una gita sul lago di Como negli anni Settanta, in uno dei rari momenti di serenità, tra un internamento in manicomio e l’altro. Infine, nel 1998, l’ex hotel Dell’Angelo divenuto banca è stato location di una rapina, messa a segno da Silvio Orlando nel film “I figli di Annibale” di Davide Ferrario, e di un rapimento, compiuto dallo stesso Orlando ai danni di Diego Abatantuono. Nella finzione, poi, sequestratore e ostaggio partono per il Sud, nella realtà prima hanno trascorso la notte nell’hotel dirimpetto, il Metropole Suisse, che a sua volta custodisce innumerevoli storie di piccoli e grandi personaggi catturati dalla bellezza del nostro lago. Ma la realtà adesso è che quando un regista sceglie Como per girare qualche scena, e capita spesso soprattutto per le produzioni di Bollywood, si innamora di piazza San Fedele e piazza Duomo, ma quando arriva nel “salotto” della città, di solito passa sul ramo lecchese per girare le sequenze più romantiche, quelle di fronte al lago. Chi sarà il prossimo pittore, fotografo o regista a “inquadrare” il lungolago, che era considerato il più romantico d’Europa? E, soprattutto, quando?

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