I pendolari, si sa, hanno la schiena rotta e presentano dolorosi rigonfiamenti in zone, diciamo così, a transito limitato, ma la memoria, almeno quella, ce l’hanno buona. Molti di loro ricorderanno quanto ebbe a scrivere sul suo blog, qualche anno fa, un volonteroso assessore ai trasporti della Regione Lombardia. Il nostro, fresco di nomina quanto incandescente nelle buone intenzioni, decise che, prima di prendere qualunque decisione in merito al servizio ferroviario regionale, era necessario si rendesse conto di persona delle condizioni del medesimo. Ovvero delle condizioni di chi lo usa tutti i giorni per andare a scuola o al lavoro. Detto, fatto. O meglio: pensato, fatto. L’assessore decise di concedersi “una giornata da pendolare”, levataccia alle 6 o giù di lì compresa. Tutta l’esperienza finì nel summenzionato blog completa di un incipit memorabile, degno di “Chiamatemi Ismaele” e di “Quel ramo del lago di Como”.
Così attaccava l’assessore: “Sono le 6 del mattino: l’autista già mi aspetta davanti a casa, pronto a portarmi alla stazione”.
Era serio, l’assessore, serissimo: non si rendeva conto di quanto le sue parole già denunciassero tutta la distanza che lo separava dal comune pendolare il quale, certo per testardaggine se non per snobismo, tende a rifiutare i servigi dell’autista e alla stazione preferisce andarci a piedi o in bicicletta. Qualche volta perfino in automobile, disposto a lasciarla dodici e più ore in un parcheggio pur di non consegnarla a un qualsivoglia chauffeur.
Altrettanto memorabile, nella memoria elefantiaca dei pendolari, resterà la nota diffusa ieri dall’attuale assessore regionale ai trasporti, Claudia Maria Terzi, che, di fronte alla catastrofe di 37 convogli annullati da Trenord in poche ore, ha trovato l’impeto necessario a scrivere niente di più che il giusto: “Quanto successo oggi, con decine e decine di corse cancellate in una sola giornata sulle medesime tratte, è l’ultimo caso eclatante di una lunga serie e riflette la sostanziale inadeguatezza di Trenord, incapace di assicurare un servizio che possa definirsi tale”.
Parole che, con l’aggiunta di alcune sanguigne interiezioni, gli utenti di Trenord ripetono ogni giorno da anni e anni: fa piacere, diranno oggi, che finalmente anche l’assessore sia diventato “uno di noi”. L’assessore ha tenuto a precisare che Trenord non è una società controllata direttamente dalla Regione: nei fatti è “compartecipata” con Trenitalia. Non c’è dubbio tuttavia che, se solo trovasse unità d’intenti, il Pirellone potrebbe fare molto perché anche dalle parti di piazzale Cadorna ci si rassegni a entrare nel XXI secolo. Al di là dei disagi, dei pericoli e delle ingiustizie subite dagli utenti, la risoluzione del tormento Trenord comporterebbe un netto miglioramento del livello di civiltà in questa per tanti (altri) aspetti già civilissima regione.
La Lombardia non può permettersi di avere, appena oltre la cerchia metropolitana di Milano, una rete ferroviaria a così alto tasso di inaffidabilità: il prezzo lo pagano ogni giorno i pendolari individualmente e la società nel suo complesso. Una vergogna, nessun dubbio, e uno spreco là dove potrebbe invece germogliare un’opportunità.
L’assessore ha fatto bene a mettersi in sintonia con i pendolari – e con i tanti turisti che, privi di voce, si affidano in tutta ingenuità al treno per visitare le città lombarde – ma sa benissimo che per arrivare a qualcosa occorrerà prosciugare la paurosa palude di privilegi, accomodamenti e intrecci pubblico-privati che da tempo immemorabile invischia le ruote del trasporto pubblico.
Ma ha cominciato bene, l’assessore, e adesso tutti i pendolari si aspettano che, come farebbe un attento capostazione, sappia far partire in orario questo treno di possibilità. E la staranno a osservare, speranzosi ma con la consapevolezza – non la rassegnazione – che da queste parti non è detto che i treni, alla fine, partano davvero.
@MarioSchiani
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