Cento biciclette per guardare Como dalle due ruote, senza inquinare, evitando il traffico e senza l’incubo di dover trovare un parcheggio libero.
Quella del bike sharing, le bici a noleggio in dieci punti diversi della città, con la possibilità di prenderle da una parte e lasciarle dall’altra, è senza dubbio una bella idea. Un inno al buonsenso prima che all’ecologia, specie in una città come Como dove traffico e parcheggi sono problemi insormontabili.
Idea bella che sarebbe anche splendida se Como fosse Amsterdam, dove i chilometri di piste ciclabili sono più di quelli delle strade e dove le uniche salite sono i ponti sui canali. Ma Como non è Amsterdam e qui da noi, testimonianza diretta di chi scrive, la vita per i ciclisti non è propriamente facile.Non soltanto per i dislivelli, le salite. E’ vero che il centro storico si può percorrere in lungo e in largo ma è altrettanto vero che non appena si deve viaggiare assieme alle auto, il rischio si impenna.
Peccato, perchè la bicicletta a Como è il mezzo di trasporto più comodo. Ma a ridosso del centro storico l’unico tratto di pista ciclabile segnalato come tale sono i duecento metri tra piazzale San Rocchetto e piazza Cacciatori delle Alpi, con una bizzarra appendice di una decina di metri all’inizio di viale Varese. Lo sanno in pochi: lo ignorano ad esempio gli automobilisti che davanti al Politeama sono in sosta vietata perenne e impunita. E’ poi ciclabile la passeggiata di Villa Geno , quella di Villa Olmo e il marciapiede sino a Cernobbio, il quale sopporta un singolare destino: è completamente snobbato dai ciclisti in tutina aderente, che gli preferiscono la strada, ed è frequentato dagli altri pedalatori. I quali devono però sopportare le contumelie dei camminatori con cui devono dividere l’angusto spazio, colpa anche di cartelli difficilmente visibili. Stop. Altri percorsi protetti per i ciclisti non ci sono.
Provate a percorrere il lungolago in bicicletta, a evitare i tombini trappola, a slalomeggiare tra le rigogliose buche: basta spostarsi di un amen verso il centro e si rischia si essere spazzati via. Letteralmente. O via Manzoni, o via Milano, per non parlare di viale Innocenzo o della Napoleona. Non c’è da stupirsi quindi se qualcuno, guidato dall’istinto di conservazione, si sposta sul marciapiede.
Certo, Como è fatta come è fatta e gli spazi sono quelli che sono. Ma oltre a prevedere uno spazio protetto sul lungolago che verrà (pare ci stiano pensando, bene) basterebbe qualche piccolo intervento, qualche cartello un po’ più evidente, qualche striscia tracciata per terra per rendere la vita un po’ più facile ai ciclisti. Aiutando i quali, tra l’altro, significherebbe ridurre il traffico, l’inquinamento e la domanda di posti auto.
Al momento le biciclette pubbliche - non gratuite e con una procedura di utilizzo non immediata - rischiano però di non funzionare: non per il servizio in sé, ma perchè mancano corsie e vie adatte. Pensiamo al turista che si vede proporre in albergo la bici, anche per i bambini: penserà di avere a disposizione piste e spazi che non ci sono e il giorno dopo andrà a piedi o in macchina.
Ben venga il bike-sharing, insomma, purché sia accompagnato da interventi mirati e purché sia visto per quello che è: un servizio in più.
Per risolvere il problema della mobilità in questa città, purtroppo non bastano cento biciclette.
© RIPRODUZIONE RISERVATA