Dedicarsi alla compilazione dell’elenco dei buoni propositi, alla vigilia del nuovo anno, è il più delle volte un esercizio vano. Lo è nel privato e ancora di più nel pubblico soprattutto quando, come nel caso di Como, si arriva da un anno tormentato. Un anno tormentato e disgraziato dove non è successo quasi nulla di significativo.
Non si è risolto lo scandalo del lungolago. Non abbiamo fatto un patto passi avanti sulla Ticosa, anzi forse ne abbiamo fatto qualcuno indietro. Non siamo riusciti nemmeno a risolvere la vicenda della tangenziale che, così com’è, non aiuta a risolvere il problema del traffico nella zona sud della città. Non siamo venuti a capo delle grandi opere, se è corretto definirle tali, ma nemmeno di questioni relativamente meno complesse. Anche quest’anno, per esempio, è volato via senza che si sia trovata la chiave giusta per sbloccare il caso del padiglione ex grossisti del mercato coperto (uno spazio nuovo di zecca, a due passi dal centro, ma ancora inutilizzato). Non siamo riusciti a rilanciare lo stato degli impianti sportivi e in particolare sembra finito nel dimenticatoio il progetto della cittadella di Muggiò.
Il Politecnico ha fatto le valigie e abbiamo perso le cosiddette grandi mostre, non è partito il rilancio di Villa Olmo e, cambiando totalmente ambito, non siamo stati in grado nemmeno di assicurare il ripristino del servizio di cremazione per i nostri defunti.
Male, molto male. Tutto nero? Ovviamente no, molto è stato fatto, basti citare il recupero dell’ex Trevitex a Camerlata o la riqualificazione di piazza Grimoldi, non abbastanza però da non ritenere che il futuro sindaco avrà un pesantissimo fardello da sostenere. Ci sarà molto fare per risalire la china e quelle della prossima primavera saranno elezioni decisive per il rilancio di Como. Sbagliare non si può più, meno che mai perdere altro tempo perché oggi il mondo corre rapido e noi, con i nostri cronici guai, siamo fermi da trent’anni.
A buttarla in propaganda basterebbe rovesciare la responsabilità di tutto all’ultimo giro di governo. Non è così. O perlomeno è del tutto illusorio pensare che basti dimissionare gli amministratori uscenti per far sì che Como torni a correre come nel passato. Crederlo può alimentare solo l’erroneo convincimento che cambiare maglia, o coalizione di governo giusto per essere più chiari, possa essere di per sé garanzia sufficiente di successo. Cambiare, talvolta, è utile, in qualche caso indispensabile ma è ingenuo immaginare che quale che sia il futuro sindaco non avrà la pena di ripartire dalle stesse grane e con gli stessi ostacoli con cui si è misurato il predecessore.
Siamo tutti sulla stessa nave e navighiamo in acque tempestose. Eppure non siamo perduti. Abbiamo un grande passato, la nostra resta una città di grandi potenzialità e soprattutto una comunità viva e forte, capace di cose straordinarie. Com’è accaduto la scorsa estate nel pieno dell’emergenza migranti quando centinaia di cittadini hanno dimostrato, con il proprio mettersi in gioco, che è possibile affrontare problemi di enorme complessità attraverso la concretezza del fare. È questo, al di là di come ciascuno di noi la pensa in tema di accoglienza, lo spirito dei comaschi. Ed è in questa capacità tutta nostra di ritrovare slancio e futuro proprio nelle situazioni più difficili che i candidati sindaco dovrebbero trovare la forza per affrontare gli impegni di governo con una ritrovata fiducia. Siamo in un periodo nero ma possiamo farcela, tutti assieme.
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