È vero che nessuno è profeta in patria e che le fughe dall’Italia, di cervelli e non solo, vanno molto di moda. Ma che il lago di Como debba migrare in Egitto per trovare un minimo di soddisfazione, è il colmo. Già, proprio nel giorno in cui l’imprenditore che ha trasformato il deserto nel complesso turistico di Sharm El Sheikh, annuncia la volontà di rifare il Lario tra il Sinai e il Mar Rosso, arrivano altre due notizie che certo non fanno bene al nostro lago. La prima è che Como sta sprofondando e perciò il rischio di esondazioni aumenta. Ancora di più dopo che si scoglieranno del tutto le
abbondanti nevicate di quest’inverno-primavera in Valtellina, ingrossando l’Adda.
La seconda notizia, forse ancora peggiore della prima, è il rischio che la passeggiata realizzata dagli Amici di Como e molto apprezzata da turisti e autoctoni, potrebbe avere i giorni contati. Il 30 aprile scade infatti la proroga che ha consentito di fruire di uno spazio verde fatto apposta per ammirare l’inarrivabile panorama del primo bacino, altrimenti oscurato dall’eterno e peraltro immobile cantiere delle paratie. E se c’è da sperare che l’intoppo non si protragga sino alla fine dei giorni, è certo che i lavori per tentare di ultimare questa maledetta-benedetta opera non cominceranno a maggio e, a quanto pare, neppure nel mese successivo. Insomma si palesa l’agghiacciante prospettiva di un’estate senza lago, con la passeggiata smantellata e il fantasma del cantiere immobile ad incoraggiare i turisti a scegliere un’altra meta per le loro escursione. Sembra un’assurdità: se i lavori non ricominciano perché rinunciare alla passeggiata? La risposta si perde nei meandri dei tortuosi accordi tra il Comune e la Sacaim, l’azienda che ha in appalto la realizzazione delle opere di protezione del lungolago, senza finora, bisogna essere onesti, aver ricavato molti vantaggi. Per questo forse i nuovi responsabili della ditta, potrebbero avere le loro ragioni nell’ostacolare la concessione di una nuova proroga agli Amici di Como, che peraltro sono in attesa di capire come andrà a finire, visto che il verde della passeggiata richiede interventi di mantenimento che sarebbe assurdo effettuare per nulla.
Tutto questo però ai comaschi, ai turisti, agli albergatori, agli operatori commerciali della zona e non solo, non può interessare. E neppure si può chiedere loro di essere comprensivi e accettare ancora una volta di vedersi sfilare il lago da sotto gli occhi.
Il sindaco Mario Lucini è consapevole dell’importanza della partita. E poiché è uno abituato a non aspettare che gli portino il pallone ma, nell’evenienza, ad andarselo a prendere, sta già tentando in tutti i modi di scongiurare la sciagurata eventualità. Certo, lui e la sua amministrazione non hanno responsabilità dirette nel disastro del lungolago. Ma la campagna elettorale del primo cittadino è stata tutta improntata sulla garanzia della restituzione del lago con la sua passeggiata alla città e a coloro che la visitano. E se si arrivasse allo sfratto della passeggiata con il cantiere fermo (cornuti e mazziati insomma), la responsabilità non potrebbe che essere attribuita a lui.
Il primo cittadino si dice ottimista. Ma la soluzione ancora non c’è. In attesa di una buona notizia dopo le due cattive, non si può certo dare torto al lago se decide di emigrare in Africa. Troverebbe un clima migliore. In tutti i sensi. Perché qui rischia davvero di diventare un “lago d’Egitto”.
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