Chi rompe paga, dice un antico adagio. Che aggiunge anche “i cocci sono suoi”. Ma qualcuno pensa davvero che i 5.000 tifosi olandesi pagheranno realmente per i danni che hanno provocato nel centro di Roma, fontana del Bernini compresa? Non ci crede nessuno anche se sarebbe la cosa più ragionevole. Di più, bisognerebbe tenere in galera i “signori” olandesi – animali travestiti da appassionati di calcio - fino al risarcimento dei danni.
Nell’Italia che sogniamo sarebbe la naturale conseguenza di ciò che è avvenuto. Qui si assiste alle polemiche tra le istituzioni – sindaco contro forze dell’ordine e viceversa – l’Olanda ha già fatto sapere che non darà un euro e alla fine pagheremo sempre noi, perché in fondo gli italiani sono brava gente. Quando sarebbe stato giusto non derogare di un millimetro dal principio “chi rompe paga”, il dibattito pubblico si è spostato sulle modalità di intervento della polizia. Per alcuni è stato tardivo e troppo blando, altri sostengono il contrario. Il tema è delicato, di certo a Londra e New York tutto questo non sarebbe successo. Se passa il messaggio che in Italia si può fare quasi tutto ciò che si vuole è un bel guaio. Innanzi tutto perché è certo che gli hooligans – ieri dall’Olanda, domani magari dalla Grecia – torneranno più cattivi di prima. Speriamo ora che almeno i tifosi in carcere vengano condannati severamente, scontino in galera la pena e non abbiano più la possibilità di mettere piede in Italia, meno che mai in uno stadio. Succederà? C’è da dubitarne, eppure qualcosa deve cambiare perché il caso di Roma, che ha fatto parlare il mondo intero, ha migliaia di piccole quotidiane declinazioni.
Così, per restare nel nostro piccolo, un ubriaco sabato notte ha dato fuori di matto e ha sfasciato i locali del pronto soccorso dell’ospedale Sant’Anna dove era stato ricoverato d’urgenza. Prima i danni ai macchinari, poi le botte alle guardie dell’ospedale e ai carabinieri. Non solo, per alcune ore lo stesso servizio di emergenza è stato sostanzialmente bloccato con tutti i rischi che ciò comporta. Era ubriaco, si dirà, ma la circostanza non attenua la responsabilità del singolo protagonista che pure non è un ragazzino.
È difficile pensare che un giorno certe follie verranno eliminate del tutto. Un deterrente efficace, l’unico forse, è del resto far sì che si paghi, anche in denaro, per ciò che si fa. In questo senso bene ha fatto il Comune di Como a costituirsi nei vari procedimenti ai danni di vandali e writer che con le loro imprese ora hanno imbrattato i monumenti, ora devastato l’arredo di piazze e giardini.
Certo, ciò che sconforta è la generale scarsa considerazione verso la cosa pubblica. Quando i padri del diritto romano sentenziavano che occorre “vivere onestamente”, “non ledere le cose altrui” e “attribuire a ciascuno il suo” avevano in mente non soltanto l’ordinamento che garantiva la proprietà privata, ma anche quella pubblica. E il cittadino veniva considerato tale soltanto se partecipava della vita dello Stato e della sua città.
Certo, chiedere alle orde barbariche il rispetto del diritto è troppo: bisognerebbe forse ricordare a questi nuovi barbari che i loro antenati furono solleciti ad applicare il diritto romano ai loro regni.
In nessuna Costituzione dei popoli europei sta scritto che si possa devastare le città d’arte. Quando si è trattato di scrivere una Costituzione europea due referendum l’hanno bocciata: uno in Francia, l’altro nei civilissimi Paesi Bassi.
Scarso sentimento di appartenenza a una comune civiltà europea e scarso senso di appartenenza alla nostra comunità vanno di pari passo. Speculare è il ragionamento dell’individuo singolo che muove guerra allo Stato. Possiamo immaginare ciò che frulla nella testa vuota di chi fa certe imprese: “Il pronto soccorso che pure mi sta curando non è mio: nessuno può permettersi di ostacolarmi se voglio bere in santa pace, urlare a squarciagola e insultare chi mi capita a tiro: tanto questa non è la mia casa”. Invece piazza di Spagna o l’Ospedale Sant’Anna sono luoghi pubblici. E chi li distrugge deve essere affidato senza tanti riguardi né complimenti alla giustizia penale. Per carità, tutti si possono ravvedere. Tutti, sì, ma prima paghino il disturbo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA