In un tempo ormai lontano gli auguri di fine anno erano una faccenda breve e rassicurante: poche parole e il disegno di un presepe, oppure un paesaggio innevato, magari una slitta. Nell’era di Internet gli auguri tendono invece a presentarsi sotto forma di spropositi verbali, tirate sgangherate, risibili minacce rivoluzionarie e badilate di populismo da Masaniello degli strapoveri. Francamente, preferivamo la versione originale, per quanto un po’ stucchevole, a quella propinata via mail, in occasione del Natale 2013, dall’assessore all’Urbanistica del Comune di Menaggio a un gruppo di esterrefatti destinatari, molti dei quali operatori turistici del lago. Un delirante “j’accuse” contro la «politica insulsa comunista rossa» (da non confondere con politiche insulse comuniste di altra frequenza cromatica) imposta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal presidente del Consiglio Enrico Letta e, in qualità di complice più o meno occulto, dal segretario del Pd Matteo Renzi. Possono ben cospirare, costoro, possono pure “dittatorarci”, come si legge nella mail: sappiano, avverte l’assessore, «che le lame della “ghigliottina” sono perfettamente affilate anche per loro». Se il concetto non fosse abbastanza chiaro, l’assessore precisa che «ci stiamo organizzando per porre fine a questa dittatura ingiust e oppressiva che vige in Italia».
La verità è che dovremmo esserci abituati: con tutte le possibilità che offre, Internet deve tuttavia accollarsi la responsabilità di aver garantito libera e capillare circolazione a ciò che, una volta, avrebbe trovato il suo giusto spazio diffusionale in una scritta sulla parete del bagno pubblico. Invece, grazie a un computer e a un modem, ecco che prende posto sul palcoscenico della Storia un personaggio fino a oggi in ombra: il Robespierre della Tremezzina.
L’aspetto più triste della vicenda è che l’assessore parte da un dato oggettivo: le gravose imposizioni fiscali fronteggiate dai cittadini, i tagli ai conferimenti inflitti ai Comuni e le difficoltà degli imprenditori nel garantire lavoro e investimento. Tutto ciò mette in contrapposizione lo Stato con gli Enti locali e i cittadini con la politica, creando il malcontento che tutti conosciamo. Ma, come se la situazione non fosse grave abbastanza, il disagio non trova altra espressione che la “sparata” natalizia di un assessore e la febbre sociale, invece di venir curata con la ragione e l'iniziativa, è alimentata da parole roboanti, innestate peraltro su strutture sintattiche cedevoli.
«Le parole» diceva in un film un comunista rossissimo come Nanni Moretti, «sono importanti». Lungi dall’affidarle in esclusiva alla sinistra, vorremmo invece riscattarle a uso di tutti: potrebbero aiutarci a uscire da questa situazione. Vanno però sfruttate per il significato che hanno e diffuse pensando alla conseguenze che possono provocare: nel bailamme attuale, tutto serve tranne lo sproloquio di chi, sia pure tra una fetta di panettone e l’altra, invoca pubbliche esecuzioni sommarie.
Che queste idee prendano in ostaggio il nostro disagio e pretendano di rappresentarlo è doppiamente offensivo: prima di tutto perché lo usano per goffi fini politici e poi perché, nonostante tutta la voglia di rinnovamento che c’è in giro, non crediamo che la gente desideri un tuffo nella violenza. Piuttosto, stiamo tutti disperatamente cercando qualcuno che quei disagi sappia rappresentarli con efficacia e proprietà, senza sanguinarie alzate d’ingegno. Ma una rappresentanza nuova passa necessariamente dalla sostituzione di quella vecchia: in questo senso, le dimissioni dell’assessore all’Urbanistica di Menaggio potrebbero essere un primo passo.
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