Il vescovo Diego Coletti, in occasione del Te Deum, ha invitato i comaschi a non perdersi nell’esercizio della critica fine a se stessa. In una parola, ci perdonerà il vescovo per la semplificazione, a non fare i malmostosi come si dice dalle nostre parti.
Si tratta di una giusta intuizione perché entra nel merito di un luogo comune, ma anche di una realtà diffusa, che è quella della lamentela, del piangere, del gemere: vi è un antico adagio popolare che recita come occorre dare di più a chi ride rispetto a chi piange. Si tratta di un invito a guardare con maggiore ottimismo all’anno che viene.
Ricorda le parole pronunciate dal vescovo Maggiolini a un lontano “Te Deum” che ricordava la frase detta da sua madre ogni volta che qualcuno, specie in televisione, iniziava con un elenco infinito di piagnistei: “Fal büi”: “Fallo bollire”. Nel senso che non se ne può più di infinite giaculatorie che partono dal principio: “Arniamoci e partite” o dalla celebre “Prendiamo su il martello e andate a lavorare”.
Il vescovo ci sprona all’ottimismo inteso come forza di volontà e autentica capacità di realizzazione. Non possiamo continuare a dire che tutto non va bene. Che cosa fa chi contesta per cambiare le cose?
A criticare e a comandare non si è mai fatto male nessuno, dice un altro adagio popolare. Il vescovo di Como amministra le anime non soltanto di parte della provincia di Como, ma anche del Varesotto, del Lecchese e dell’intera diocesi di Sondrio.
Sa bene che nelle sue terre sono nate le prime Pro loco d’Italia, che si sono segnalate per l’impegno e la puntualità con cui sono intervenute a partire dall’Ottocento per migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Non soltanto a Como, ma nei piccoli e piccolissimi Comuni della provincia, era il lavoro volontario dei cittadini che permetteva di abbellire i luoghi: perché tutti ci si sentiva partecipi della comunità.
Certo è molto più difficile amministrare ora le città, che sono cresciute in termini demografici e con decine di problemi. Eppure Como è stata all’avanguardia proprio nel coinvolgimento dei cittadini. In città, nel quartiere di Sant’Abbondio, è sorta la prima cooperativa d’Italia. E il territorio lariano è stato uno di quelli in cui la collaborazione tra laici e cattolici ha favorito la realizzazione di tante opere sociali.
La stoffa dei comaschi è buona. Per cui non si può pretendere che lascino immediatamente perdere il loro spirito critico e quello analitico. Occorre però che questo atteggiamento così severo verso sé e gli altri non si traduca in mancanza di autostima e di amor proprio.
A questa deriva si può invece rispondere con un accentuato volontarismo positivo. Abbiamo bisogno di un bagno di positività. Lo si consiglia spesso alle persone in difficoltà o in crisi: devi frequentare persone positive. Al bando quindi il piangersi addosso e il continuo deprecare. Forse una riflessione su che cosa hanno fatto i nostri avi e su che cosa possiamo recuperare del loro spirito positivo, su quello che hanno cercato di costruire per noi, è il miglior viatico per l’anno nuovo che le parole sagge del vescovo possono offrire per un sereno 2015.
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