Ci sono due notizie di questi giorni che meritano qualche riflessione a proposito del rapporto tra i comaschi e la politica. La prima riguarda il poco edificante primato di Licia Ronzulli nelle assenze in Senato. Costei, se qualcuno l’avesse dimenticato, è stata eletta in Parlamento per portare le istanze del territorio comasco. Come possa farlo essendo con ogni evidenza in altre faccende affaccendata (pare abbia il delicato compito di accudire Berlusconi in persona), sarebbe bello farlo sapere ai suoi elettori. Vero che il centrodestra e Forza Italia in particolare hanno sempre considerato la provincia di Como una comoda riserva di voti buoni per mandare a Roma chicchessia, soprattutto personaggi che con il territorio hanno poco o nulla a che spartire e continuano a gabbare lo santo anche dopo che la festa delle urne è finita. Ma alle politiche del 4 marzo, gli azzurri hanno davvero esagerato: nessun candidato locale era stato collocato in una posizione eleggibile. Così, in Parlamento, Como si trova rappresentata anche da gente che da queste parti dopo la campagna elettorale non si è più vista a meno che non sia arrivata in incognito. Lady Ronzulli è l’esempio più eclatante: assente qui come in Senato. Degna concorrente per miss “Chi l’ha visto?”, insomma. Se i leader politici locali di Forza Italia avessero un sussulto di dignità dovrebbero quantomeno pretendere le dimissioni della senatrice e la sua sostituzione, nell’elezione suppletiva che ne seguirebbe, con un candidato espressione del territorio comasco. Altrimenti vorrebbe dire che ci considerano dei fessacchiotti da utilizzare per scopi che nulla hanno a che fare con i nostri interessi.
Un discorso che si può purtroppo applicare all’altra notizia, ancora più grave del caso Ronzulli, quella relativa agli ulteriori cinque anni di attesa per vedere (forse) sparire il pedaggio della tangenziale moncherino di Como. Anche qui i politici ci hanno presi per fessi. Alzi la mano chi non ha mai sentito una promessa in tale senso. In particolare si sono spesi, in campagna elettorale e non, i due ultimi presidenti della Regione Lombardia, l’attuale Attilio Fontana e il predecessore Roberto Maroni, entrambi della Lega Nord. Ma non sono stati solo loro a mettere il becco nella questione. Le garanzie sono arrivate un po’ da tutti i partiti politici. Ebbene, adesso, a elezioni avvenute, ci fanno sapere che l’eventuale gratuità sarà possibile solo una volta che Pedemontana verrà ultimata. Considerato che non ci sono ancora certezze in tal senso e che uno dei due soci di maggioranza del governo in carica sta ribadendo la propria idiosincrasia nei confronti delle grandi infrastrutture, non si può certo pensare di dormire sonni tranquilli. Vero che il più importante esponente politico comasco di oggi, il sottosegretario Nicola Molteni, ha assicurato che non ci sarà un caso Tav due. Ma sono altre parole, sicuramente pronunciate in buona fede, come quelle dei suoi colleghi, almeno fino a prova contraria. La realtà è che il pedaggio resta e per il secondo lotto, altro oggetto di un diluvio di promesse, servono risorse che al momento non si vedono all’orizzonte. Se i Cinque Stelle pensano che il completamento della nostra tangenziale sia anti ecologico basterebbe invitare i ministri Di Maio e Toninelli a percorrere la statale Briantea da Lipomo alla via Oltrecolle in un qualunque giorno per rendersi conto di cosa respirano quei fessi di comaschi.
Che potrebbero anche stancarsi di essere presi per tale dai politici e magari organizzare un bello sciopero del voto. Tra pochi mesi ci saranno le elezioni europee, strategiche per le forze di governo alleate e avversarie in cerca di consensi. Ecco, non recarsi in cabina elettorale potrebbe essere un modo per far capire che la pacchia è finita.
@angelini_f
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