L’esito del referendum sulla riforma costituzionale ha cambiato anche la velocità della corsa per le elezioni del sindaco di Como, previste a primavera del prossimo anno.
A ottenere un po’ di vento per gonfiare vele che si erano afflosciate è stato il centrodestra locale che sembra aver trovato la quadra (con qualche mal di pancia) su Mario Landriscina, medico alla guida del servizio 118. Un tentativo di rilancio della coalizione uscita a bocconi dalle consultazioni di cinque anni fa che parte dalla società civile, non privo di incognite.
C’è chi, dentro e fuori l’alleanza, vedrebbe con maggior favore la scelta di una figura con esperienza e relazioni in ambito politico.
Dall’altra parte, quella del centrosinistra, lo choc referendario si è associato al bilancio, non del tutto lusinghiero dell’amministrazione comunale uscente, che a fronte di molte cose fatte, ha mancato del tutto la soluzione dei due problemi “moloch” della città: il lungolago e l’area Ticosa.
La vittoria del no, anche nella quasi totalità del territorio comasco, ha minato quelle certezze su un consenso che sembrava garantito dall’azione del governo Renzi dopo il 40% raggiunto a livello locale dal Pd all’europee. Si è poi aggiunto il ritiro della corsa dell’assessore Lorenzo Spallino, tra i più stimati della giunta Lucini, che aveva contribuito con la lista Como Civica alla netta affermazione del centrosinistra.
Alleanza che rischia poi di perdere altri pezzi a sinistra, visti i rapporti non idilliaci tra il principale partito e gli altri che certo l’epilogo della battaglia sulla riforma costituzionale non ha certo rasserenato. Da qui è discesa una polemica che, come quella apertasi nel centrodestra su Landriscina e non solo, è rimbalzata anche sui social network. Al di là di qualche tono un po’ troppo sopra le righe e dalle consuete manifestazioni di autoreferenzialità, si comprende come la questione del candidato sindaco di Como sia diventata ancora più centrale nel Pd, così come il nodo delle primarie che, allo stato dell’arte, potrebbero trasformarsi anche in un boomerang e sono perciò oggetto di valutazione e discussione. Allo stato, con l’ipotesi Battarino che sembra avviata su un binario morto anche per la concorrenza dell’amico Landriscina, restano sul tavolo tre nomi: Stefano Legnani, presidente del Consiglio comunale, l’assessore Marcello Iantorno e il consigliere Gioacchino Favara. Sono quelli giusti per reggere la sfida con Landriscina e Alessandro Rapinese? La domanda si fa sempre più strada nel Pd e con essa comincia a viaggiare un quarto nome, guarda caso anche lui medico oltre che politico in quanto sindaco di Cernobbio.
Paolo Furgoni, urologo dell’ospedale Sant’Anna sta ben operando nel comune rivierasco ormai prossimo alla fusione con altri (e anche questo è un aspetto da considerare). Ci sono settori del Pd che vedono con favore una sua candidatura ritenuta la più adeguata per una sfida impegnativa, anche senza passare dalle primarie.
Furgoni ha ottime relazioni. È vicino ad Enrico Letta, una figura che torna a far capolino nel panorama nazionale dopo le difficoltà di Renzi. E possiede qualità di amministratore che sta mostrando alla guida di Cernobbio. Certo, avrebbe solo da perdere: dovrebbe lasciare in anticipo il suo attuale incarico per affrontare una partita in salita. Ma chissà. I partiti comaschi, pieni di acciacchi, sembrano aver bisogno di affidarsi ai medici.
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