Adesso vi facciamo “bu!”, caro sindaco e cari alleati coltelli. Poi si vedrà, tanto la bottiglia di vino è sempre pronta nella credenza assieme al sacchetto dei tarallucci. La decisione di Forza Italia di salire su un Aventino a mezza costa, con il ritiro (temporaneo) della delegazione di assessori nella Giunta di Mario Landriscina sempre più sindaco “amico” come il governo Pella della prima seria crisi nella Dc orfana di De Gasperi del dopoguerra appare un segnale di debolezza più che un ostentare muscoli. Un “vorrei ma non posso” o se preferite un “potrei ma non voglio” che il partito che ha dominato per un ventennio la scena politica di Como poteva pure risparmiarsi. Un segnale non diretto all’ignavo primo cittadino quanto agli alleati rissosi Lega e Fdi, in lite peraltro fra loro a colpi di dispetti e ditate negli occhi e linee politiche alquanto stravaganti, al di là del merito e se vogliamo anche del buon senso: vedi la posizione di qualche “melobuttiano” sulla chiusura del centro migranti di via Regina più che un fiore all’occhiello della propaganda leghista.
Una decisione, quella del ritiro della delegazione in giunta che appare figlia di un morettiano (nel senso di Nanni, il regista) mi si nota di più se vado, se non vado, oppure se vado e rimango in disparte.
Scelta, inutile dirlo, anche prigioniera della logica per cui se qualcuno mette una mina sotto la sedia del sindaco saltano per aria tutti, che ha tagliato e tanto le unghie a quel resta dei partiti nella gestione della politica dei Comuni. Alla fine però, quelli di Forza Italia, non li notava davvero più nessuno, almeno gli assessori. Soprattutto in negativo Francesco Pettignano, lasciato solo con la patata bollente della vergogna delle erbacce dei cimiteri e perciò dotato di uno spirito di collegialità che neppure rasenta la mezza porzione. E che, a ieri, non aveva intenzione di dimettersi.
L’altro assessore forzista, Amelia Locatelli, forse anche per l’omonimia con la bulimica (politicamente) Alessandra o per carattere ha finito per ritrovarsi nella pagella lo stesso voto del giocatore che resta in panchina tutta la partita. C’è poi Simona Rossotti, non in quota ma vicina agli azzurri: una che però sta ballando da sola fin da quando è cominciata la festa.
Forza Italia resta comunque, a livello di gruppo consiliare, determinante per garantire l’esistenza in vita della maggioranza perciò il segnale pure flebile trasmesso sulle cortissime onde azzurre andrà in qualche modo tenuto in considerazione dagli alleati.
Sullo sfondo però rimane la solita paura del remake di un film che i comaschi hanno già visto con le giunte di centrodestra: la prima volta durante il secondo mandato del compianto sindaco Alberto Botta, certo meno fertile del primo, con le liti personali e gli scontri di interesse a determinare una paralisi amministrativa seguita a scelte che peraltro non si sono rivelate vantaggiose per la città. E poi con l’ultima, crepuscolare, anche per le vicende successive, amministrazione guidata da Stefano Bruni, un lungo incedere in un pantano che ha lasciato altri disastri che neppure vale la pena rievocare.
Vero che non c’è due senza tre, ma, per una volta, sarebbe il caso di dimostrare che non sempre i proverbi hanno ragione. Certo, non sarà facile. E il paradosso è anche quello per cui dopo un anno e rotti di mandato Landriscina all’insegna di rotte su più fronti e mancate realizzazioni, forse qualche segnale di ripartenza potrebbe arrivare, a partire dalla Ticosa dopo la definitiva risoluzione dello scorsoio contratto con Multi. Anche in questo caso servirebbe quel convitato di pietra che si chiama politica, sempre meno presente nei consessi amministrativi locali con qualche fulgida, ma proprio perché tale, eccezione. Affidiamoci a quest’ancora, consapevoli che il rischio di essere trascinati a fondo resta concreto.
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