Al loro secondo anno di mandato i presidenti degli Stati Uniti si ritrovano a dover affrontare il primo insindacabile giudizio degli elettori sul loro operato con le midterm elections, una sorta di pagellino politico sottoforma di rinnovo del Congresso americano. Un appuntamento attesissimo per tastare il polso al gradimento sul lavoro del presidente. Se anche a Como si introducesse qualcosa di simile, Mario Lucini rischierebbe una sonora bocciatura. Non perché i suoi primi due anni da sindaco siano stati disastrosi, ma perché molto al di sotto delle aspettative. E, soprattutto, infinitamente lontani dalle promesse della vigilia. Quel “Como cambia passo” che ha caratterizzato la cavalcata elettorale, meritava maggiori fortune sul fronte delle scelte amministrative. Ma i sogni spesso si scontrano con la realtà e la squadra voluta da Lucini si è ritrovata a dover affrontare un lavoro ben più complesso di quello immaginato. E dei miglioramenti tanto auspicati non si è avuta finora notizia.
Se l’alibi - di certo non inventato - della pesante eredità delle scelte passate poteva valere nei primi mesi di amministrazione, dopo due anni non regge più. Soprattutto non regge agli occhi di chi ha creduto veramente, se non in un miracolo, in un cambio di passo. E che si aspettava non già qualcosa di clamoroso, perché di certo nessuno era così folle da pretendere da subito la soluzione del problema Ticosa o un tocco di bacchetta magica sul cantiere delle paratie, ma sognava piccoli miglioramenti e assestamenti propedeutici alla rinascita della città.
Senza voler tornare sulla questione Ztl, che comunque avrebbe dovuto essere trattata in maniera meno traumatica, procedendo per gradi e soprattutto seguendo un piano della mobilità e della sosta complessivo, le ultime notizie sul fronte lungolago e soprattutto delle grandi mostre sembrano fatte apposta per scippare le illusioni anche dei più entusiasti. Nelle pagine di cronaca potete leggere le novità raccontate da Gisella Roncoroni sull’impazienza della Regione Lombardia da un lato, che di fronte all’apparente immobilismo comasco in tema di paratie ha lanciato un ultimatum che rischia di farci perdere 8 milioni, e sull’ennesima fumata nera per la futura mostra cittadina.
Quest’ultimo capitolo, che vede protagonista l’assessore Luigi Cavadini, merita un approfondimento. Perché dopo l’oggettivo flop di visitatori della mostra dello scorso anno, ci si aspettava - almeno qui - un cambio di passo. Non già rispetto alla passata amministrazione, il cui capitolo in questione ha sempre avuto numeri lusinghieri sul fronte dei visitatori, ma rispetto al passo falso d’avvio da parte di Cavadini. E invece la nuova mostra, indubbiamente affascinante dal punto di vista della proposta culturale, rischia di trasformarsi in un nuovo flop gestionale.
Dopo aver deciso di sfrattare manifestazioni quali Parolario e Miniartextil da Villa Olmo, infatti, il Comune ha lanciato il suo bando così in ritardo e con tali vincoli da aver incassato un sostanziale disinteresse da parte dei privati. Forse, alla fine, qualcuno salverà la mostra, ma il solo fatto di aver rischiato il naufragio merita di mettere in discussione l’operato del timoniere.
Le elezioni di midterm, per ora, le dobbiamo dare per perse. Ma Lucini si consoli. Per Obama nel 2010 quell’appuntamento fu una Caporetto. Eppure, quattro anni dopo, il presidente è ancora lui. Ma per farsi rieleggere, lui, ha dovuto veramente cambiare passo.
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