Certo, Parigi è lontana. Anche più degli oltre 870 chilometri che separano Como dalla capitale francese. Basterebbe dire che loro hanno Neymar e noi, con tutto il rispetto, negli azzurri di serie D il bomber Bradaschia. per sottolineare la distanza siderale. Però. all’ombra della torre Eiffel è stato fatto qualcosa che forse si potrebbe o vorrebbe o sognare anche qui.
La Senna, il fiume che solca la metropoli transalpina, è diventata, in quest’estate e in alcuni punti, una sorta di piscina naturale ,depurata e fruibile per immergersi. Un modo per godersi in pieno, invero non senza qualche inconveniente, il grande corso d’acqua celebre per la bellezza e la mondanità delle sue rive. Anche la città di Como dovrebbe, potrebbe o sognerebbe di vivere in pienezza il rapporto con il suo lago, l’incantevole specchio che stiamo riconquistando piano piano, dopo che le sciaguratezze del cantiere delle paratie ce l’hanno portato via per tanti anni. Un lago che siamo tornati a guardare negli occhi con il ritorno della passeggiata al posto dell’immoto cantiere, che possiamo bere dai rubinetti delle nostre case e un lago con cui ci laviamo nei bagni e nelle docce. Ma non possiamo immergerci pena rischi sanitari e non solo, vista la tragedia di sabato scorso con il giovane annegato davanti a viale Geno.
I tuffi non proibiti nel primo bacino sono un ricordo di alcune generazioni fa. Chi, oggi, ignora il divieto non troppo evidente, la fa a proprio rischio e pericolo, come si è purtroppo visto. Dalla tragedia di sabato e dal dibattito che ne è scaturito, l’ex assessore Lorenzo Spallino ha tratto una provocazione. Non vietiamolo il nostro lago, non erigiamo altre barriere ,ma cerchiamo di renderlo utilizzabile in maniera corretta e amica. Magari attraverso l’istituzione di piccoli spazi attrezzati a spiaggia messi a disposizione del pubblico, che potrebbero arricchire l’offerta di una città turistica , un’offerta a quasi unanime giudizio ancora troppo povera. La riflessione dell’ex titolare dell’Urbanistica non è caduta nel vuoto. Si è sviluppata una discussione anche sul nostro sito e sui social media tra favorevoli e contrari divisi più o meno in maniera equa. I primi colgono l’opportunità e, si potrebbe aggiungere, la coerenza nell’inversione di rotta nel rapporto tra la città e il lago all’insegna dell’apertura il più ampia possibile, dopo anni di chiusura con muri e cantiere.
I secondi, oltre a sottolineare il problema della depurazione di acque ancora interessati da scarichi inquinanti e privi della possibilità di defluire, con il rischio di riemergere ricoperti di squame multicolore, paventano anche il rischio di un “effetto Rimini” sul lungolago, con bagnanti gocciolanti a spasso con le infradito. Tutti argomenti validi che varrebbe la pena di approfondire. Lavoro per la nuova amministrazione comunale, dopo che quella precedente, di cui faceva parte Spallino, aveva accennato alla cosa, per poi lasciarla cadere. Il progetto della Fondazione Volta per l’istallazione di maxi ventole sul fondo del lago che, attraverso il loro movimento, avrebbero potuto ripulire le acque, si è fermato in qualche cassetto. Potrebbe valere la pena di ritirarlo fuori. Importante, anzi fondamentale, avere un indirizzo. Perché certo non si possono lasciare le cose come stanno. Con il lungolago vietato e un po’ abbandonato e in balia di persone che per combattere la calura si immergono e si tuffano. I cartelli (quei pochi) a quanto pare non funzionano. Multe non se ne fanno. L’idea di utilizzare i volontari per dissuadere gli aspiranti bagnanti presenta parecchie complessità.
Per fortuna, ormai, la stagione più calda dovrebbe essere alle spalle. E la voglia di fresche (ma non certo chiare e forse neppure dolci) acque calerà. Ma la prossima estate, con il continuo aumentare della febbre della Terra, il problema si ripresenterà. Allora forse si potrebbe trasformarlo in un’opportunità. Magari Parigi non è poi così lontana e ci si può anche arrivare.
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