Como, il Pd ora deve
ascoltare Roberta

Questo 2017 per il centrosinistra di Como è l’anno delle decisioni irrevocabili. O almeno di una di queste, la scelta di un candidato sindaco per la città capoluogo in grado di battersi alla pari con gli altri due già ufficializzati: Mario Ladriscina sostenuto dal centrodestra e Alessandro Rapinese esponente di una lista civica che porta il suo nome.

Nel magmatico universo di Pd e partiti affini più o meno alleati, quando ormai si era sulla soglia dell’esilarante parodia di Veltroni fatta alcuni anni fa da Corrado Guzzanti con le improbabili candidature a premier di Topo Gigio, Napo Orso Capo e Amedeo Nazzari (che non si può perché “è morto!!!”), è arrivato un nome che potrebbe essere quello buono. Roberta Marzorati, medico come Landriscina, per sue qualità umane e professionali (è la “zia” di tanti piccoli pazienti) gode di ottima fama, confermata dal consenso ottenuto 5 anni fa con la candidatura a consigliere nella lista civica per Como. Fu l’esponente più votato di tutti e di tutte le liste senza peraltro riuscire ad approdare subito a palazzo Cernezzi. A Per Como, infatti, sulla base dei risultati complessivi, spettava un solo seggio da assegnare al candidato sindaco, Mario Molteni. Solo le dimissioni di quest’ultimo a metà legislatura avrebbero consentito a Roberta Marzorati di approdare in consiglio comunale nelle fila dell’opposizione.

In realtà un modo per assecondare la volontà popolare anche all’inizio del mandato del sindaco eletto, Mario Lucini, ci sarebbe stato. La pediatra sarebbe potuta essere scelta nella squadra di assessori del primo cittadino. Ma il Pd fece muro contro questa proposta che pure arrivava da buona parte della società civile. Questo fu uno dei motivi per cui la lista Per Como e Roberta Marzorati si ritrovarono all’opposizione di quel partito, il Pd, che oggi pensa di candidare il medico alla carica di sindaco. Niente male davvero. Certo, dalli parte del centrosinistra, dopo i rifiuti seriali incassati da Barbara Minghetti, Lorenzo Spallino, Giuseppe Battarino, Paolo Furgoni e Vittorio Nessi si trovano un po’ come dire alla canna del gas.

E il fatto che Roberta Marzorati, nonostante tutto, lasci intendere che potrebbe accettare la proposta è certo lusinghiero per lei, non altrettanto per il gruppo dirigente del principale (per ora) partito comasco che forse, come si diceva ai tempi della Prima Repubblica, dovrebbe “avviare una riflessione”. Chi ha orecchie per intendere intenda.

E comunque se Marzorati sarà, per tentare di giocarsi la partita contro avversari comunque quotati in termini di capacità di attrarre consensi, occorre che il partito dopo aver marciato diviso che più non si può, si decida a colpire unito. Utopia, visto l’andazzo degli ultimi tempi e non solo? Chissà. Intanto non sarebbe male raccogliere un consiglio che arriva proprio dalla pediatra, quello di non trasformare le eventuali divisive primarie per la candidatura a sindaco in una lotteria in cui i primi di consolazione sono posti di assessore per tutti i partecipanti com’è accaduto cinque anni fa al di là delle qualità delle persone. Per parafrasare Peppino Di Capri, il Pd ascolti Roberta.

Poi attorno a Marzorati andrebbe costruito un progetto amministrativo di ampio respiro e una squadra adeguata a sostenerlo. Così forse si potrebbe pure tentare di puntare a una conferma del centrosinistra (con tante facce nuove) al governo di Como. Chissà che l’anno nuovo non porti consiglio.

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