Per una curiosa coincidenza il Comune di Como si trova, negli ultimi giorni, sotto attacco da un doppio versante. Per un verso è alle prese con i costruttori locali in rivolta per la possibilità che venga rimossa l’esenzione dalla Tasi, già riconosciuta agli immobili invenduti dalla delibera approvata in giunta. Per l’altro, si trova invece nell’imbarazzante situazione di dover giustificare, a due anni dall’insediamento, il persistere di oggettive incongruenze nella gestione del patrimonio abitativo. Sulle tasse il sindaco è in difficoltà.
La scorsa settimana, ospite della nostra diretta sul web, Lucini aveva argomentato
circa l’inopportunità di colpire un settore – l’edilizia – che, più di altri, si trova ancora nel pieno della crisi. Parole di buon senso e del resto l’eventuale tassazione degli immobili invenduti non ci salverà dal generalizzato aumento dei tributi locali (sulla casa ma anche sull’Irpef) perché stiamo parlando di un intervento la cui previsione di gettito è pari a circa 220mila euro. Briciole, se considerati al cospetto del pacchetto fiscale complessivamente varato dall’amministrazione.
E allora perché Lucini ha cambiato idea? Ovviamente il primo cittadino non ha mutato opinione e resta convinto che la Tasi sull’invenduto sia un errore ma è costretto a fare i conti: con i mal di pancia di una parte del Pd, disposta a votare l’invotabile pur di mettere i bastoni tra le ruote al primo cittadino, e con una componente di ultra-sinistra che, pur minoritaria, appare particolarmente battagliera e capace di condizionare la linea dell’amministrazione anche sulle scelte strategiche.
La politica, la brutta politica, funziona così. Ma sarebbe il caso di uscire dalla palude di questi ricatti incrociati. Lucini, giova ricordarlo una volta di più, ha vinto grazie all’elettorato moderato che l’ha scelto in blocco per risolvere il disastro lasciato dal centrodestra. E il Pd, in questo frangente, ha la responsabilità politica di sostenere con convinzione il proprio sindaco. Diversamente dovrà spiegare ai comaschi di essersi fatto dettare l’agenda da Paco e Sel la cui azione, soprattutto in questo particolare frangente, sembra frutto di pregiudizio ideologico e non di razionale scelta di governo.
Quindi, da una parte le tasse, dall’altra lo scandalo del patrimonio residenziale che solo pochi fortunati possono godere. Ma le case comunali non dovrebbero forse essere riservate alle persone bisognose? E allora per quale ragione continuare a tollerare che in città murata – via Collegio dei Dottori – un appartamento di oltre 100 metri quadri possa essere affittato ad un canone largamente al di sotto dei valori di mercato? L’assessore Iantorno lamenta che la legge non gli consente di fare ciò che ogni avveduto proprietario di abitazione farebbe. E cioè aumentare l’affitto o sfrattare l’inquilino. Ora, l’assessore probabilmente ha ragione e non saranno certo queste risorse a sistemare il bilancio e a evitare l’aumento delle tasse. Ma un segnale va dato, altrimenti non è pensabile chiedere ai comaschi altri sacrifici.
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