Como: la Ticosa
e le sue sorelle

In principio fu la Ticosa: l’unica opera pubblica passata attraverso una generazione di amministratori, di padre in figlio. Da Spallino Antonio, sindaco che ne decise l’acquisizione a Spallino Lorenzo, assessore all’urbanistica in carica che si ritrova oltre 30 anni dopo praticamente al punto di partenza. Se gli anni fossero stati venti questo pezzo lo avrebbe scritto Dumas e sarebbe stato perfetto perché anche qui lì si trattava di padre e figlio. Ma di perfetto in questa storia della Ticosa e delle sue sorelle c’è solo un neorealismo senza alcun capolavoro.

La denuncia di Spallino (figlio) attraverso le colonne del nostro giornale grida davvero vendetta. In tempi di crisi, deflazione e stagnazione, alle porte del Comune di Como si presentano imprenditori intenzionati a investire nelle tante aree dismesse che punteggiano la città. Manna dal cielo. Che non ricade però al suolo. Perché di biblico qui ci sono solo i tempi che l’ineffabile burocrazia italiana richiede per ottenere le autorizzazioni per avviare le procedure sulla base del comma dell’articolo, del decreto che fa riferimento alla legge quadro con i suoi correlati. Prima di ultimare la lettura delle procedure, l’imprenditore ha già varcato il confine con la Svizzera dove si fregano le mani. Grazie Italia e burocrazia che ci getti tra le braccia opportunità di lavoro e di guadagno. A noi comaschi restano solo i panorami lunari di aree un tempo sempre più lontano produttivi e vitali che la memoria non riesce a focalizzare come tali.

Lo erano magari nel 1942 quando fu varata la legge, ora in fase di modifica (con calma) che norma (come si suol dire) più o meno tutta la faccenda. In un mondo che viaggia alla velocità del terzo millennio, le nostre regole sono quelli dei tempi in cui a capo del governo c’era lui caro lei.

Insomma è il caso di darsi una mossa. Anche se non è facile neppure per il repentino Renzi e del suo governo delle mille e una riforma sgusciare tra le maglie della burocrazia. Il Comune di Como, in questo caso può fare ben poco.

Se da palazzo Cernezzi si predica bene sulle lentezze di Stato, si potrebbe però evitare di razzolare male allineandosi all’andazzo. La vicenda dell’infopoint a servizio dei turisti da collocare nell’area del Broletto, al centro della nuova isola pedonale tenacemente voluta dall’amministrazione Lucini, infatti, sembra viaggiare con la stessa velocità delle aree dismesse. Un intervento che avrebbe dovuto essere ultimato all’inizio dell’estate rischia di non vedere la luce neppure con l’avvento di Expo 2015.

Si parla di un punto per fornire ai tanti visitatori che arrivano a Como adeguate informazioni turistiche, non di costruire un’altra cattedrale a fianco di quella attuale.

Non si capisce perciò la necessità di tutte le procedure per la scelta dell’architetto giusto e i relativi birignao. Oltretutto i finanziamenti sono già stati inseriti in bilancio e forse anche la Regione sgancerà qualcosa.

E allora non si guardi troppo per il sottile. Basta mettere lì qualcosa di funzionale e dignitoso in fretta. Altrimenti c’è il rischio che anche le informazioni sugli itinerari e le cose da vedere a Como si finisca per doverle chiedere in Svizzera.

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