Due spettri si aggirano nel Comasco dopo le elezioni regionali in Calabria e soprattutto in Emilia Romagna. Il primo è quello di Forza Italia, ridotta a percentuali ectoplasmatiche e doppiata dalla Lega in un territorio non così lontano dal nostro e, almeno fino a ieri, non certo benevolo nei confronti del Carroccio.
Il secondo è proprio il fantasma lumbard, più forte e ululante di prima che spaventa quel che è rimasto del centrodestra ma non fa neppure dormire sonni tranquilli neppure al quel centrosinistra ormai egemone nel nostro territorio dopo la conquista lampo dei Comuni di Como e
Mariano, della nuova Provincia e di quella quota over 40% dei voti alle europee.
A contrastare l’exploit renziano anche a Como sembra essere rimasta solo la Lega, a cui Matteo Salvini ha ridato uno sprint impensabile solo due anni fa, quando gli scandali del tesoriere Belsito e dalla Bossi family sembravano mettere a repentaglio l’esitenza stesso del movimento. Al nuovo segretario va dato il merito di aver cambiato la rotta della politica, allargando la questione dell’autonomismo, ex core business quasi esclusivo della lunga epopea bossiana, a temi che vanno dritti alla pancia della gente. L’exploit in Emilia Romagna non si spiega solo con il vantaggio di aver espresso il candidato presidente della coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia.
A Como perciò qualcuno ha già messo mano al pallottoliere. Se la Lega vale più o meno il 20% nell’ex regione rossa, cosa può combinare dalle nostre parti? E l’asse che sembra consolidarsi sempre più con Fratelli d’Italia, partito che sul Lario esprime un politico di solida e storica fama come Alessio Butti, dove può portare? Non a caso, proprio il nipote dell’ex senatore, Marco Butti, anch’egli esponente del partito di Giorgia Meloni, nel commentare a caldo il voto di domenica, ha parlato di fine del centrodestra. Magari del centrodestra che abbiamo conosciuto finora, quello egemonizzato dai berlusconiani.
Ma non è azzardato ipotizzare la prospettiva di una mutata aggregazione dei moderati, in una realtà come quella comasca che storicamente è sempre stata più orientata a destra che non a sinistra. Certo, la destra rappresentata dalla Lega e in parte anche da FdI non è quella tradizionale europeista e conservatrice. La vicinanza con gli euroscettici e le forze più estreme populiste in ambito europeo potrebbe anche spaventare qualche elettore. Ma il radicamento dei lumnard in alcune zone della provincia è innegabile. Non a caso ieri il deputato del Carroccio, Nicola Molteni ha parlato di riconquista, nella prossima tornata elettorale, dei Comuni di Como, Cantù, Mariano e Olgiate, oggi guidati tutti da maggioranze di sinistra o civiche nel caso di Cantù, ma comunque senza la presenza del centrodestra. Con la velocità con cui sta mutando la politica italiana, fare oggi previsioni per il 2016 (quando andrà alle urne Olgiate) o per 2017 (rinnovo delle amministrazioni di Como e Cantù) è come indovinare un sei al Superenalotto. Ma se, per ipotesi, si votasse oggi e lo schieramento di centrodestra con Lega, FdI e quel che resta di Forza Italia, proponesse magari un Alessio Butti candidato sindaco di Como e un Nicola Molteni di nuovo in corsa per la poltrona di primo cittadino a Cantù, forse qualche grattacapo alle amministrazioni uscenti potrebbe procurarlo, Molto dipenderà anche da Renzi e da come si evolverà la crisi. Il nuovo boom della Lega però resta uno spettro difficile da esorcizzare per i suoi avversari.
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