Belle o brutte? Il dibattito sulle nuove panchine di piazza Volta, in questi termini, potrebbe essere infinito. Ognuno, quando ci si misura sulla categoria dell’estetica, ha titolo per esprimersi. Di sicuro, a dare un’occhiata ai social network, prevale in misura schiacciante il fronte del pollice verso.
C’è chi le trova disposte senza una logica. C’è chi sostiene che non hanno nulla a che vedere con il contesto. C’è chi le trova scomode, in particolare per gli anziani dal momento che manca lo schienale (critica già sentita in piazza De Gasperi) e sono basse. Altri sostengono che sì forse non sono neanche tanto orribili ma la copertura in legno finirà male, esposta com’è alle intemperie e ai vandalismi. E tanti, tantissimi, le definiscono semplicemente brutte, qualcuno si spinge a usare l’aggettivo orrendo, altri le hanno battezzate “bare” per una vaga somiglianza nella sagoma.
Merita una citazione con nome e cognome Davide Fent che anziché dedicarsi all’esercizio dell’insulto è andato a ripescare l’immagine di una panchina progettata da Ico Parisi. Geniale. Il confronto è impietoso e suona anche come un richiamo: cade il centenario della nascita ma Como cosa sta facendo per ricordarlo?
Non manca, nel dibattito sul nuovo arredo urbano, chi la butta in politica e forse si tratta delle sole voci stonate perché sembra oggettivamente una forzatura imbastire un processo all’assessore di turno (ahinoi non stiamo parlando del muro sul lungolago). Il dibattito, del resto, vale oggi a Como quanto altrove ieri e probabilmente domani.
Non c’è recente riqualificazione di spazio pubblico in cui i progettisti non osino andare oltre quelli che il senso comune identifica come i canoni ideali di una panchina che, per essere definita tale, dovrebbe innanzi tutto essere comoda, agevolare la seduta delle persone più anziane, facilitare le relazioni sociali (quale logica possono avere le sedute singole?), essere ben orientata e possibilmente ombreggiata per poter essere utilizzata tutto il giorno anche d’estate, possedere una certa gradevolezza estetica apprezzabile pressoché dalla generalità dei fruitori.
Il progettista, nel caso specifico, non si è tirato indietro nel dibattito e bisogna rendergliene merito perché in genere, tra i colleghi, prevale chi rifiuta a prescindere la possibilità che un’opera possa non piacere alla gente comune. «Le panchine che abbiamo appena posizionato – ha spiegato Cesare Ventura- sono state volute senza schienale e con una seduta più ampia, per garantire la possibilità di sedersi da entrambi i lati. Questo per non “discriminare” i punti di vista sulla piazza». Il punto di vista è interessante ma certo opinabile: sì, certo, le panche senza schienale consentono di guardare il monumento o di rivolgere lo sguardo in direzione opposta, ci si può persino sdraiare e guardare il cielo ma si tratta di atout davvero fondamentali? Forse sarebbe bastato limitare la creatività e pensare che l’arredo di una piazza nel cuore della città, più che un happening di adolescenti, deve servire per consentire alle persone a passeggio di sedersi e trovare qualche minuto di riposo. In uno dei rendering del progetto, ma forse si tratta solo di una curiosa coincidenza, compare un ragazzo seduto con le gambe incrociate che suona la chitarra.
Nulla da eccepire sui giovani ma si tratta della stessa città che conosciamo oppure di uno spazio urbano futuribile, interessante forse ma lontano anni luce dalla realtà?
© RIPRODUZIONE RISERVATA