Certo quella di ieri, visto il risultato della partita contro la Cremonese, non era la giornata migliore per parlare del “Como stadium”, un Sinigaglia rinnovato e adeguato alle nuove tendenze degli impianti sportivi con negozi, parcheggi, spazi per le famiglie e per il merchandising della società azzurra.
Ma se Como e il Como devono guardare avanti, la proposta avanza da una società tedesca specializzata nel settore e che ha già costruito e adattato le “case” di alcune squadre in Germania, non va accantonata. Perché la questione stadio è un’altra di quelle che stanno sul tappeto (in questo caso com’è ovvio, verde) da almeno una trentina d’anni.
Un dibattito è un po’ “carsico” , arriva a galla quando il Calcio Como va bene, per tornare a inabissarsi nelle stagioni grigie o buie degli azzurri. Il colore di questo campionato ancora non è ben definito, ma pazienza.
Allo stato dell’arte la questione stadio in città o fuori sembra essere accantonata, anche per la riduzione fisiologica e patologica del pubblico certo meno d’impatto sulla città rispetto ai tempi gloriosi del Como in serie A senza pay tv o con queste ultime ancora agli albori. Chiaro che un progetto di “stadio 2.0” come quello della Juventus o di tante società inglesi e non impone la presenza dell’impianto dov’è ora. Una posizione fantastica che ha immortalato il Sinigaglia come il “catino” con il panorama più bello d’Italia.
Nel caso poi, visto che anche qui si ragiona in termini di futuro se non remoto perlomeno prossimo, andasse in gol il progetto di pedonalizzazione del lungolago, lo stadio sarebbe un luogo ambito anche per negozi, bar, ristoranti e altri punti di aggregazione oltre che per le partite. L’idea insomma vale la candela. Restano i nodi da scogliere. Il primo riguarda le intenzioni della società tedesca che ha bussato a Palazzo Cernezzi (lo stadio è di proprietà del Comune) e in viale Sinigaglia, che ancora devono essere chiarite. Poi c’è anche la situazione del Calcio Como che se non dovesse fare l’auspicato salto di qualità con il ritorno in serie B, forse non giustificherebbe un intervento di questa portata. Ultima ma solo in ordine temporale è la questione della struttura. Lo stadio Sinigaglia non è solo un impianto sportivo ma anche un monumento. È stato realizzato in epoca razionalista per essere tutt’uno che il contesto in cui si inserisce. Anche per questa ragione è ancora lì. In molti casi nel passato, infatti, l’idea di portare l’impianto al di fuori della convalle (del resto all’epoca della costruzione la zona era periferia) più che da esigenze funzionali alla città e alla cittadinanza, rispondeva a logiche speculative. Un’area di quelle dimensioni affacciata sul lago faceva gola e forse la fa ancora.
C’è da pensare che più che le glorie sportive possano essere state quelle “paeseggistiche” a innescare le intenzioni dei tedeschi. Anche per preservarlo dai rischi di una speculazione, a metà degli anni ’80, con il Como ben collocato in serie A e mentre si faceva strada l’idea dello realizzazione di un nuovo impianto a Lazzago, sul Sinigaglia calò un vincolo della Sovrintendenza che consente alcuni interventi di ristrutturazione come quelli che sono stati poi realizzati nella tribuna e nelle due curve, ma proibisce di alterare la fisionomia dello stadio. Questo è un problema non da poco se si intende trasformare la struttura in un centro polifunzionale. Insomma i dubbi non sono pochi. Ma quantomeno vale la pena di vedere le carte in mano ai tedeschi per il “Como stadium”.
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