“Vieni avanti spazzino”. Forse neppure la verve del compianto duo di avanspettacolo Walter Chiari e Carlo Campanini riuscirebbe a riprodurre il senso del grottesco della vicenda che ha portato il lago di Como a ritrovarsi privato del natante che provvede a rimuovere le tante schifezze che ogni giorno finiscono nelle acque di quel primo bacino, che pensate un po’, nei sogni più che nelle intenzioni dell’amministrazione comunale dovrebbe tornare addirittura balneabile com’è stato per alcune generazioni fa.
Ci sarebbe da ridere se non fosse ancora una volta di mezzo il lago. Già, per come Como sta trattando una risorsa fondamentale qual è il suo specchio d’acqua, bisognerebbe nominare cittadino onorario Tafazzi, quel personaggio interpretato da Giacomo del celebre trio con Aldo e Giovanni uso a tormentarsi gli attributi a colpi di bottiglia.
In alternativa, per gli amanti dei classici, si potrebbe intitolare una piazza all’autore del romanzo “Venere in pelliccia”, l’ austriaco Leopold von Sacher-Masoch, da cui deriva il famoso aggettivo.
Già il lago. La nostra principale attrazione, ciò che ci fa conoscere nel mondo, l’obiettivo visivo e fotografico di milioni di turisti che accorrono qui. E noi? Prima di infiliamo in quel vergognoso, per essere soft, pateracchio del cantiere delle paratie. In fondo, se ci pensa bene, la stessa ratio che sta dietro al progetto rende bene l’idea che abbiamo del lago: non un amico ma qualcuno da cui difendersi alzando muri. Forse è materia per Freud. Però oltre a violentarlo e oltraggiarlo con il cantiere senza fine, ora lasciamo il lago anche in balìa dei rifiuti. Ti sta bene brutto lagaccio fastidioso. Il tutto per il consueto minuetto della burocrazia all’italiana infarcito di enti che non si parlano e se si parlano non si capiscono e si capiscono non fanno perché, signori, ben altri sono i problemi.
Morale della favola: il Comune di Como aveva il battello per pulirsi il suo pezzettino di lago, ma non ce l’ha più. Dovrebbe toccare all’Amministrazione provinciale che il natante lo lascia riposare agli ormeggi, oppure all’Autorità di bacino che però non esercita l’autorità medesima sullo specchio d’acqua davanti alla città perché la città medesima non ha aderito all’autorità stessa. L’autore di Comma 22 (“chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle operazioni di guerra, ma chi chiede di essere esentato dalle operazioni di guerra non è pazzo”) troverebbe un bel po’ di ispirazione dalla nostre parti. Solo il fatto che per mettere in acqua un piccolo natante che raccolga due schifezze debbano essere coinvolti tre enti dice tutto. Ed è da non crederci che la storia si ripeta in maniera ciclica. Altro paradosso è che battiamo contro la Regione che vuole dividere il lago e poi lo abbiamo già fatto noi: ognuno pulisce solo un pezzetto.
Visto che per il cantiere delle paratie si prevedono tempi degni dell’Antico Testamento, almeno per la pulizia del lago bisogna darsi una mossa. Oppure occorre ancora scomodare Cantone e Maroni?
Possibile che burocrazia e buon senso continuino a non parlarsi? E per fortuna che il lago è condannato a restare nella sua sede naturale. Ma se potesse, si può starne certi, avrebbe già fatto i bagagli per una città dove sarebbe accudito e coccolato e pure tenuto pulito come un infante. Como deve imparare a volere più bene al suo lago. Non fosse altro che per gratitudine.
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